40° Piazza della Loggia, l’intervento di Gigi Petteni

Milano, 28.45.2014
 
 
“40° anniversario di Piazza della Loggia – Noi non dimentichiamo”
 di Gigi Petteni, segretario generale Cisl Lombardia 
 
 
“La Resistenza antifascista non è finita; sono suoi caduti anche i martiri che il 28 maggio 1974 sono stati uccisi a Brescia. Questa Resistenza non ci chiede ossequio, ma lotta per la giustizia, per l’uguaglianza, l’impegno quotidiano per la difesa della liberta”.
E’ la frase conclusiva di un articolo pubblicato dal giornale “Conquiste del Lavoro” nel primo anniversario della strage di Piazza Loggia. Una frase che facciamo nostra anche oggi, quarant’anni dopo, che riaffermiamo con forza attraverso questa larga partecipazione, che rilanciamo nella volontà di alimentare una memoria viva del dramma che si è consumato in questa piazza, una coscienza vigile.
 
L’una e l’altra sono condizione necessaria perché le parole che accompagnano questo anniversario mantengano tutta la loro forza, per riempire di senso e di testimonianza il monito che campeggia nello striscione sopra il pilastro sbrecciato dalla bomba.
 
Non dimentichiamo chi ha perso la vita;
non dimentichiamo le sofferenze, il dolore, la disperazione dei familiari;
non dimentichiamo chi è rimasto ferito in quell’attentato;
non dimentichiamo le ferite causate da una forbice mai chiusa tra verità storica e verità giudiziaria;
non dimentichiamo la fatica di un ricordo esigente, cosciente, consapevole.
 
Non dimentichiamo niente! Se i giovani non sanno attribuire la responsabilità della strage, rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo insieme un modo più efficace per trasmetterne la memoria. In questa piazza, per ciò che significa nella vita della città, del movimento sindacale, della passione civile che l’ha attraversata, non ci deve essere spazio per divisioni artificiose.
 
Ognuno ha portato qui stamattina la sua storia, il suo desiderio di verità e di giustizia, la sua voglia di partecipazione.
Avvenne così anche la mattina del 28 maggio di 40 anni fa.
Cosa accomuna la piazza di ieri e quella di oggi se non la determinazione nella difesa della democrazia e della libertà?
 
Inevitabilmente, dopo tanti anni, il rischio di ripetere parole già pronunciate è grande. Ma dobbiamo avere il coraggio di affrontare questo rischio, di non lasciarci frenare dal pensiero di non essere originali a tutti i costi.
Non dobbiamo smettere di chiedere giustizia, di esigere la verità.
Dobbiamo ricordare quello che è accaduto e perché è accaduto! 
 
La recente sentenza della Corte di Cassazione è un punto di arrivo fondamentale nella storia processuale della strage di piazza della Loggia.
 
Dopo 40 anni da quei tragici avvenimenti la magistratura ha fissato un punto importantissimo: l’esplosivo utilizzato per l’attentato proveniva da precisi luoghi e identificati soggetti.
Si è accertato che i gruppi eversivi neofascisti operarono per destabilizzare il nostro ordinamento democratico e che lo fecero con la scelta criminale di realizzare attentati.
 
La Corte di Cassazione ci conferma che a Venezia operò attivamente un gruppo che si rifaceva ad Ordine nero, che dal deposito di questa cellula venne prelevato dall’esplosivo, che questo venne trasportato a Brescia da due appartenenti al gruppo neofascista.
Ci conferma infine che venne fatto scoppiare qui, in piazza Loggia, la mattina della manifestazione antifascista convocata da Cgil Cisl Uil.
Alcuni scettici sostengono che a 40 anni di distanza non abbia senso auspicare una sentenza che accerti le responsabilità per quei fatti.
 
Alcuni critici accusano persino di volontà di vendetta e non di giustizia coloro che non cedono alla rassegnazione, che non si arrendono alla ineluttabilità che un così grave delitto rimanga privo di accertamenti plausibili sulle responsabilità e quindi di sanzioni per i colpevoli. Ed in questo giudizio sconsiderato coinvolgono inquirenti, giudici, parenti delle vittime e cittadini che non vogliono dimenticare.
 
Rispondiamo che non ci è permesso disertare l’impegno umano e civile di conservare memoria di quel delitto e di ricercarne gli autori, cosicché, insieme alle loro condotte possiamo fare luce anche sulle origini e gli obiettivi politici, sulle connivenze, sui depistaggi, sulle dispersioni di prove che hanno reso tanto difficoltosa la ricostruzione di quegli avvenimenti.
 
Non è ammissibile il silenzio della ragione di fronte ai fatti che hanno colpito Brescia il 28 maggio 1974.
 
E la prova che non ci muove volontà persecutoria risiede nel rispetto delle regole processuali con le quali inquirenti e parti civili hanno operato per fare luce su quei lontani avvenimenti. Questa nostra Repubblica ha garantito agli inquisiti tutte le tutele ed il rispetto che volontà eversive e criminali negarono alle vittime dell’attentato e avrebbero voluto sottrarre a tutti noi.
 
Questo stesso ultimo processo testimonia la piena adesione alle regole costituzionali.
In primo grado è stata pronunciata una sentenza di assoluzione per carenza di prove esaustive sulla natura dell’esplosivo, sull’attendibilità di alcuni testimoni, sulla sussistenza di atti di depistaggio.
 
La Corte d’Assise d’Appello ha rivalutato molti elementi rispetto al giudizio di primo grado, senza tuttavia portare il suo giudizio ad esiti che apparivano ben più che plausibili, sebbene grazie ad essa si sia conseguita la prova di come gli apparati dello Stato non siano stati lealmente al servizio della magistratura e di quanto abbiano pesato inerzie, negligenze e perfino comportamenti dolosi finalizzati a impedire e a rendere sempre più difficile l’identificazione dei responsabili e dei loro disegni criminosi.
 
La Corte di Cassazione, infine, accogliendo le critiche della pubblica accusa e delle parti civili, ha rimesso gli atti alla Corte di Assise di Appello di Milano, affidandole il compito di approfondire alcuni riscontri non sufficientemente considerati dai precedenti giudizi, che forse peccarono nel non portare ad ovvie conclusioni gli esiti conseguiti in istruttoria e nei dibattimenti.
 
Resta però acquisito ed intangibile alla verità giudiziaria quanto già accennato fin qui:
possiamo affermare che ci furono connessioni fra esponenti dell’eversione di estrema destra e responsabili dei nostri servizi;
possiamo affermare che quella bomba fu opera di neofascisti;
possiamo affermare che essi operarono in un clima di impunità tanto forte che agli inquirenti vennero sottratti riscontri essenziali per il corretto svolgimento delle indagini.
 
Da questo punto fermo deve proseguire l’impegno nelle prossime tappe del processo in programma davanti ai giudici milanesi. Si tratterà, ci auguriamo, di un ulteriore passo verso la condivisione di una verità che fino ad oggi ci è stata indebitamente sottratta.
 
Riconosciamo allora gratitudine a tutti coloro che hanno profuso impegno e dedizione in questi 40 anni per non disperdere il riconoscimento dovuto alle vittime, alla città di Brescia e al Paese. Onoriamo la resistenza a tutti i tentativi di oscurare il significato di quel sacrificio.
 
Qui non morirono senza ragione alcuni nostri concittadini. Qui si diede testimonianza con la vita di appartenenza a valori insopprimibili della nostra democrazia.
Si rinnovi qui e sempre la solidarietà ed il ricordo per chi in questa piazza ci permette ancora di riunirci liberamente sconfiggendo tentazioni, fantasmi ed eversori di questa nostra democrazia.
 
Alle trame oscure che hanno insanguinato questa piazza e tanta parte della storia italiana rispondiamo allora come oggi a viso aperto, mettendo insieme le nostre differenze, uniti e per questo più forti, per continuare a costruire democrazia, tolleranza, accoglienza, senso di comunità.
 
La piazza è uno spazio simbolico per eccellenza, il luogo dell’incontro, della partecipazione. Un luogo da abitare, da vivere, per far crescere cultura sui diritti e sui doveri, vale a dire la responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri per costruire una società più giusta.
 
Anche questa è parte dell’eredità ideale che ci hanno lasciato Giulietta, Livia, Clementina, Euplo, Luigi, Bartolomeo, Alberto, Vittorio.

Noi non dimentichiamo.