Dolzedelli: fiscalità importante, ma frontalierato va affrontato nella sua complessità

Milano, 4.4.2016
 
Palazzetto dello Sport gremito, venerdì sera a Malnate, per l’incontro organizzato dalle sigle sindacali italiane, Cgil, Cisl e Uil, e svizzere, Unia, Ocst e Sgb Uss, con Vieri Ceriani, negoziatore per l’Italia del nuovo accordo con la Svizzera. Un dibattito pubblico che ha richiamato moltissimi lavoratori frontalieri e che è servito, in primo luogo, a far passare una giusta informazione ai presenti, dopo settimane di sentito dire che si sono rincorsi in particolar modo sui social network. “La trattativa è iniziata nel 2012 – ha spiegato Vieri Ceriani – quando l’accordo con la confederazione elvetica del 1974 ha iniziato a non reggere più, con la Svizzera che ha comunicato che lo stesso andasse cambiato, o sarebbe stato cancellato”. Quell’accordo prevedeva una tassazione esclusiva in Svizzera, per il lavoratore frontaliere italiano. La posizione iniziale elvetica, all’inizio del negoziato, era di proporre l’abolizione dei ristorni, che sarebbe stata gradualmente compensata dall’abbassamento del numero dei frontalieri, da riassorbire nel tessuto produttivo italiano, il tutto con un fronte temporale di 5 anni. “Da questa base siamo partiti a trattare – ha raccontato Ceriani – ed abbiamo convenuto sui principi della reciprocità (riconoscimento anche dei frontalieri svizzeri) e sulla definizione delle aree di frontiera”. Per quanto concerne la tassazione, ad oggi il 100% di quanto dovuto al fisco dai frontalieri viene trattenuto in Svizzera, che ne ristorna poi il 40% in Italia. L’accordo prevede invece una ritenuta alla fonte del 70%, da completare poi nel paese di residenza. “Rispetto ad oggi il lavoratore avrà quindi ritenute più basse in Svizzera, ma dovrà poi pagare le imposte in Italia: il calcolo – ha continuato Vieri Ceriani – lo si farà togliendo i contributi obbligatori e quelli per secondo pilastro, 7500 euro di franchigia (riconosciuta a tutti i frontalieri), le detrazioni per carichi familiari, spese mediche, mutui e ristrutturazioni immobili ed infine si toglierà ciò che si è pagato in Svizzera. A regime il carico fiscale che graverà sul lavoratore frontaliero aumenterà, perché in Svizzera la tassazione è più bassa rispetto all’Italia. Questo cambiamento non avverrà però tutto in un colpo – ha chiosato il negoziatore italiano – Il primo anno ci sarà un’ulteriore deduzione dall’imponibile di un 60/70% per riportare il carico fiscale ad un importo vicino a quello col vecchio accordo. Percentuale che decrescerà poi per i successivi dieci anni, fino ad azzerarsi”. Ad intervenire nel dibattito anche Mirko Dolzadelli, segretario nazionale dei Frontalieri della Cisl: “Questa sera vorremmo far capire la complessità del tema, importantissimo in questa zona, meno capito verso Milano e Roma – ha detto -. I prossimi saranno mesi fondamentali per futuro il frontalierato, un fenomeno che riguarda oltre 90mila lavoratori nel suo complesso. Un tema che è quindi da affrontare nella sua complessità: quella fiscale è una questione contingente, ma non è l’unico aspetto della faccenda da considerare. Vanno armonizzati altri aspetti: ad esempio il riconoscimento dello statuto del lavoratore frontaliere, un aspetto assolutamente fondamentale rispetto cui si aprirà un tavolo specifico al ministero del lavoro”. A fargli eco Andrea Puglia, dell’Ocst: “Perché è importante che al tavolo negoziale partecipino i sindacati? Perché il sindacato conosce la realtà di frontiera e può portare a conoscenza dettagli tecnici che saranno fondamentali – ha sottolineato -. Unia e Ocst rappresentano più del 50% dei frontalieri del Ticino, un dato che deve far riflettere rispetto alla nostra conoscenza del tema. In questo senso pensiamo che l’accordo non debba essere un salasso, ma debba essere sottoscritto in maniera cosciente e responsabile, di modo da tutelare il lavoratore frontaliere”.