Edilizia residenziale pubblica, Cisl contro progetto di legge regionale

Milano, 12.6.2015

Come si esce dalla crisi del sistema d’offerta e di gestione delle case popolari in Lombardia? Se diventasse legge la bozza predisposta dall’assessorato regionale alla casa, si rischierebbe un disastro, tutto a danno delle fasce sociali più svantaggiate e bisognose di un alloggio pubblico, mettendo altresì in difficoltà i Comuni nella gestione locale dell’emergenza abitativa.
È’ quanto affermano Cisl, Sicet, Fnp e Anolf della Lombardia, in una lettera aperta pubblicata oggi sui quotidiani Avvenire, Corriere, Repubblica. “E’ evidente che qualcuno pensa che troppa povertà nell’utenza delle case popolari – scrivono i sindacati – riduce le entrate da canoni e minaccia l’equilibrio finanziario delle aziende, perciò bisogna scartarne una parte”. Infatti, la bozza del progetto di legge prevede tre pesanti novità. Innanzitutto Comuni e Aler, prima della pubblicazione dei bandi, si mettono d’accordo sulla percentuale di alloggi da assegnare, rispettivamente, alle famiglie in condizioni di povertà assoluta e agli altri nuclei in graduatoria con diversa condizioni di disagio; in mancanza d’accordo la quota di assegnazioni sul patrimonio Aler a favore delle famiglie povere non può superare il 30% degli alloggi annualmente disponibile. In secondo luogo, fatto il bando si escludono dalle graduatorie le famiglie che dichiarano una situazione economica pari o inferiore alla soglia di povertà assoluta ridotta di un terzo, salvo che tali nuclei non siano già in carico ai servizi sociali, o ad associazioni di volontariato, o non possano dimostrare in altro modo le proprie fonti di sostentamento. Inoltre, raddoppia il periodo minimo di residenza in Lombardia per l’accesso alla casa popolare, portandolo da 5 a 10 anni, così da rinforzarne il potenziale discriminatorio verso le famiglie che ormai da anni sono arrivate da altre regioni e paesi con maggiore disagio abitativo. “Ma non è tutto – sottolineano i sindacati – la fascia povera della domanda sarebbe esclusa anche per effetto della sistematica sottrazione di alloggi dalle disponibilità pubbliche per l’assegnazione, destinando parti rilevanti del patrimonio a servizi abitativi diversi e di maggiore ritorno economico per le aziende”. I Comuni stessi, a cui si toglie, da un lato, lo strumento indispensabile dell’assegnazione in deroga alla graduatoria per intervenire sul bisogno urgente e, dall’altro, il controllo della disponibilità complessiva di alloggi da assegnare, sono sollecitati a utilizzi “diversamente” sociali degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di loro proprietà.”​Tutto ciò a noi pare sia una scelta sbagliata – concludono – da rivedere negli obiettivi e nei contenuti, tornando alla originaria missione di servizio verso le fasce sociali meno abbienti cui è destinata l’edilizia residenziale pubblica. Mettere quote d’accesso ai diritti, non può essere accettato come il nuovo modello dell’azione pubblica sulla casa. Con la cultura dello “scarto” non si affrontano i problemi sociali”. Per questo, affinché si invochi e si incoraggi una riflessione più alta che spinga la politica regionale a mettere in campo una efficace e più giusta attenzione alle ragioni e ai doveri di un impegno di solidarietà e responsabilità verso le molte famiglie e persone in stato di bisogno, la Cisl ha rivolto un appello al Cardinale di Milano e a tutti i Vescovi della Lombardia.