Euronote febbraio 2024 | Porre fine in Europa alla strage sul lavoro

Le organizzazioni sindacali europee denunciano le cause della scarsa sicurezza

«Nessuno dovrebbe mettere a rischio la propria vita per guadagnarsi da vivere» ha dichiarato la segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Esther Lynch, chiedendo insieme alla Federazione europea dei lavoratori dell’edilizia e del legno (Efbww) interventi efficaci per mettere fine alla tragica sequenza di morti sul lavoro in Europa e porre come prioritaria la questione della sicurezza.

Solo negli ultimi quattro mesi sono morti oltre 30 lavoratori edili in cantieri di tutta Europa e i dati Eurostat mostrano un numero crescente di incidenti mortali nel settore edile, cosa che dimostra «l’urgente necessità di un’azione dell’Ue per innalzare gli standard di sicurezza nel settore» sostengono le due organizzazioni sindacali. Dopo i gravi e ripetuti incidenti che nel dicembre scorso avevano causato la morte di 6 operai edili in Svezia e 9 in Spagna, il 2024 si è aperto con due lavoratori edili vittime di un crollo in un cantiere in Francia a gennaio, 4 operai edili rimasti uccisi a Firenze durante la costruzione di un centro commerciale il 16 febbraio e, pochi giorni dopo, altri due lavoratori vittime di un incidente con una gru nei Paesi Bassi.

«L’ondata di incidenti mortali coinvolge molti lavoratori transfrontalieri e migranti, che sono più vulnerabili allo sfruttamento attraverso il subappalto, il lavoro non dichiarato o illegale e il falso lavoro autonomo» osservano Ces ed Efbww, denunciando tra le cause «datori di lavoro senza scrupoli, pratiche non responsabili di subappalto e distacco, scarsa attenzione alle norme di sicurezza, mancanza di formazione, difficoltà di comunicazione chiara, ispezioni insufficienti».

Azioni urgenti richieste dai sindacati europei

Le due organizzazioni sindacali europee chiedono quindi ai responsabili politici europei e nazionali di intraprendere alcune azioni urgenti.

Tra queste, la raccolta di dati e statistiche nazionali e comunitari sugli infortuni sul lavoro, compresi i decessi, dettagliati per settore e con particolare attenzione ai lavoratori distaccati e mobili. Deve poi essere limitata la pratica del subappalto, garantita la responsabilità solidale lungo tutta la catena, vietato alle agenzie e ad altri intermediari il distaccamento in edilizia.

I luoghi di lavoro devono essere sicuri e sani per tutti i lavoratori, attraverso il rigoroso rispetto della normativa europea in materia di salute e sicurezza sul lavoro, lavoratori che devono ricevere tutti adeguata formazione e specifica nei casi di professioni come lavoratori di ponteggi oppure operatori di gru.

Così come si deve «facilitare e sostenere il lavoro degli ispettori del lavoro» secondo Ces ed Efbww, che chiedono anche l’istituzione di un fondo di sostegno finanziario per assistere i lavoratori distaccati e migranti e le loro famiglie, compresi i cittadini di Paesi terzi, in caso di incidenti mortali, lesioni gravi e malattie professionali.

Inoltre, i cantieri finanziati con fondi pubblici dovrebbero disporre e applicare i più elevati standard di salute e sicurezza, avere regole rigorose per processi di appalto socialmente responsabili e progressisti, «anche per garantire che il denaro pubblico vada alle organizzazioni che rispettano i diritti dei lavoratori e dei sindacati, che negoziano con i sindacati e i cui lavoratori sono coperti da contratti collettivi» sostengono le organizzazioni sindacali.

«Il tempo delle azioni simboliche è passato da tempo. L’Unione europea deve dare una mano ai lavoratori. La libera circolazione dei servizi e la libera circolazione delle imprese non potranno mai essere più importanti della protezione della vita e dei mezzi di sussistenza dei lavoratori. Serve un Protocollo di Progresso Sociale» ha dichiarato il segretario generale della Efbww, Tom Deleu.

«È giunto il momento di responsabilizzare i datori di lavoro e di eliminare gli abusi nelle catene di subappalto. I lavoratori chiedono azioni urgenti per azzerare le morti sul lavoro e a causa del lavoro» ha aggiunto la segretaria generale della Ces, Esther Lynch.

Nell’Ue un morto sul lavoro ogni due ore e mezza

Nei Paesi dell’Ue nel 2021, anno più recente per il quale Eurostat dispone di un’analisi dei dati, si sono verificati nei luoghi di lavoro 2,88 milioni di incidenti non mortali, che hanno comportato almeno quattro giorni di assenza dal lavoro, e 3.347 incidenti mortali, con un rapporto di circa 860 incidenti non mortali per ogni incidente mortale.

Il numero complessivo di 3.347 incidenti mortali equivale a una media di 9 morti al giorno, cioè un morto sul lavoro ogni due ore e mezza circa. Un dato impressionante, di cui non si parla mai abbastanza, soprattutto considerando che molto probabilmente si tratta di un numero sottostimato, in quanto purtroppo molti infortuni sul lavoro, anche mortali, non vengono denunciati. Inoltre, quasi un quarto del totale degli incidenti mortali sul lavoro avviene nel settore dell’edilizia.

In Italia, secondo l’Inail, i decessi sul lavoro denunciati nel corso del 2023 sono stati 1.041, cioè uno ogni 8,5 ore circa, il 91,7% dei quali ha riguardato uomini e quasi la metà nella fascia tra i 50 e i 64 anni.

Eurostat invita comunque ad utilizzare i dati assoluti a livello europeo solo a fini indicativi, considerando i limiti e la non omogeneità riscontrati nella raccolta e nell’analisi dei dati a livello nazionale. Per una comparazione tra i Paesi, invece, l’ufficio statistico dell’Ue raccomanda di utilizzare i tassi standardizzati di incidenza per 100.000 occupati, elaborati ed armonizzati dai tecnici di Eurostat.

Questi tassi di incidenza per 100.000 persone occupate mostrano per il 2021 un tasso medio di incidenti letali sul lavoro di 1,76% per l’Ue, con i valori percentuali più alti registrati in Lettonia (4,29%), Lituania (3,75%), Malta (3,34%), Francia (3,32%) e Romania; l’Italia con il 2,66% si situa al di sopra della media, mentre gli Stati membri con i tassi più bassi (inferiori all’1%) sono Paesi Bassi (0,33%), Grecia (0,58%), Finlandia (0,75%), Svezia (0,77%) e Germania (0,84%).