Euronote gennaio 2024 | Diritti fondamentali a rischio

Allarme lanciato dal Parlamento europeo sul regresso di molti diritti nell’Ue

La democrazia, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali sono valori che si rafforzano a vicenda e, se compromessi, rappresentano una minaccia sistemica per l’Ue e per i diritti e le libertà di tutti i suoi cittadini. Una constatazione che potrebbe apparire ovvia in un’Unione europea che si accinge alla decima tornata elettorale per l’elezione del suo Parlamento, ma che così non è se lo stesso Europarlamento apre con questa premessa una risoluzione sulla situazione dei diritti fondamentali approvata lo scorso 18 gennaio. Molte e di diverso genere le preoccupazioni espresse in merito alla tutela dei diritti nell’Ue. Si va dalle minacce alle libertà di associazione, di parola e di riunione, alle violenze della polizia e agli arresti di massa; dagli attacchi a cittadini e gruppi sulla base della loro appartenenza religiosa o etnica, al fatto che alcuni Stati membri non hanno recepito pienamente la decisione quadro dell’Ue su razzismo e xenofobia; dalle diffuse violazioni dei diritti di migranti e rifugiati, alle continue discriminazioni e violenze di genere, fino ai rischi derivanti dalle nuove tecnologie e agli attacchi ai diritti sociali, economici e ambientali. «Le violazioni dei diritti fondamentali sono diffuse fra gli Stati membri dell’Ue» ha dichiarato la relatrice europarlamentare Katarina Barley, aggiungendo che «i tempi di crisi sono come una cartina tornasole, in quanto il rispetto dei diritti fondamentali non può dipendere da condizioni economiche e sociali favorevoli. Non sono facoltativi; sono l’essenza delle nostre società e un valore fondante fondamentale dell’Ue».

Direttiva antidiscriminazioni bloccata da 15 anni

La discriminazione è in aumento in tutta l’Ue, con una persona su cinque che la subisce per motivi diversi o per una combinazione di motivi. Nel 2008 la Commissione europea aveva presentato una proposta di direttiva “orizzontale” antidiscriminazione, che comprendeva ambiti quali l’istruzione, la protezione sociale, l’accesso a beni e servizi, con l’obiettivo di eliminare le lacune e la frammentazione del quadro antidiscriminatorio esistente, che si traduce in una gerarchia che limita l’ampiezza e la portata della protezione. Così, mentre i motivi legati al sesso e all’origine etnica sono in qualche misura contemplati, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età e l’orientamento sessuale non beneficiano dello stesso livello di protezione. Il Parlamento aveva approvato l’iniziativa già nel 2009 (ribadendone l’importanza con una risoluzione del 2023), mentre il Consiglio non ha mai assunto una posizione, così la direttiva è di fatto bloccata da oltre 15 anni. Una situazione che l’Europarlamento «deplora profondamente» e che vorrebbe risolvere entro la fine della legislatura. Intanto sottolinea che nel corso degli ultimi anni i reati generati dall’odio e gli episodi di incitamento all’odio sono aumentati costantemente in tutta l’Ue, anche a causa della diffusione di queste pratiche online. Ma, osserva l’Europarlamento, anche «lo Stato di diritto si sta deteriorando in diversi Stati membri a seguito delle azioni sistematiche dei loro governi, in particolare in Ungheria e Polonia». Nel marzo scorso, il Consiglio d’Europa aveva denunciato un peggioramento «allarmante» della situazione relativa ai difensori dei diritti umani in Europa, mentre in quest’ultima risoluzione europarlamentare si legge che «i giornalisti, gli organi di informazione e i blogger, i difensori dei diritti umani, le organizzazioni della società civile, gli attivisti, i sindacati, gli artisti, i ricercatori, gli informatori e i politici sono sempre più sottoposti a minacce, vessazioni e altre forme di intimidazione a causa del loro impegno». Esprimendo «profonda preoccupazione per le crescenti minacce alle libertà di associazione, di espressione e di riunione», l’Europarlamento condanna anche il ricorso a «interventi violenti e sproporzionati da parte delle autorità di contrasto durante proteste pacifiche».

Migrazioni, genere, povertà: violazioni continue

Le violazioni dei diritti sono poi costanti, da sempre, nell’ambito delle migrazioni, così il Parlamento europeo «condanna fortemente le diffuse violazioni dei diritti fondamentali e il ricorso a una violenza sproporzionata alle frontiere dell’Ue contro i migranti, compresi i rifugiati, quali le detenzioni arbitrarie, le condizioni di vita disumane, la mancanza di accesso all’assistenza sanitaria, i rimpatri illegali e i respingimenti violenti». Esprime inoltre preoccupazione «per il fatto che gli Stati membri stiano codificando il ricorso ai respingimenti nel loro diritto nazionale» e condanna tutte le leggi degli Stati membri che compromettono l’effettiva protezione dei diritti umani dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dei migranti sulla terraferma e in mare, nonché la criminalizzazione degli operatori umanitari e degli attivisti, che «costituisce una violazione del diritto internazionale e non è permessa dal diritto dell’Ue».

Altro grave capitolo dei diritti nell’Ue è quello di discriminazioni, violazioni e violenze basate su sesso, genere od orientamento sessuale delle persone. Ricordando come la violenza di genere sia «fortemente diffusa in tutti gli Stati membri dell’Ue, l’Europarlamento «condanna fermamente il rapido regresso dei diritti delle donne e delle persone LGBTIQ+ in diversi Stati membri» (facendo riferimento all’Ungheria), nonché «la negazione dell’accesso all’assistenza all’aborto sicuro e legale, che costituisce una forma di violenza di genere» (riferendosi in particolare alla Polonia). D’altro canto accoglie favorevolmente la proposta di direttiva della Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica e si compiace che l’Ue abbia ratificato la convenzione di Istanbul (entrata in vigore il 1º ottobre 2023).

Infine un riferimento alla povertà, considerata dal Parlamento europeo «una forma di ingiustizia strutturale e sociale fondata su disuguaglianze di genere, discriminazione e opportunità diseguali di accesso a beni e servizi, con conseguente violazione dei diritti fondamentali» e che per far fronte alla quale serve un «approccio intersezionale», prestando particolare attenzione alle persone in situazioni di vulnerabilità. L’alloggio ad esempio, si legge nella risoluzione, «non è un bene, bensì una necessità e un presupposto per una piena partecipazione alla società».

Commissione e Consiglio sono dunque invitati dal Parlamento «a elaborare politiche macroeconomiche guidate non solo dalla crescita economica, bensì anche dalle norme sociali».