Milano, 21.2.2014
Expo 2015 è una sfida per tutti e richiama interventi in tema di lavoro, occupabilità, riutilizzo delle strutture e produttività degli investimenti nel lungo periodo. A che punto siamo in Lombardia? E qual è il ruolo dei suoi territori per la piena riuscita degli obiettivi dell’evento? Se ne è discusso questo pomeriggio a Bergamo, nel corso nel corso dell’incontro “Exponiamoci. Compromettersi per cambiare”, organizzato dalla Cisl Lombardia e dalla Cisl territoriale, cui hanno partecipato Roberto Maroni, presidente Regione Lombardia, Maurizio Martina, sottosegretario con delega a Expo2015 e neo-ministro dell’Agricoltura, Gigi Petteni, segretario generale Cisl Lombardia. “Siamo pronti a un grande Patto per il lavoro su Expo – ha detto il presidente Maroni -. Il governo non è riuscito, ma noi vogliamo farcela: vogliamo e dobbiamo creare qualcosa di speciale, che tenga conto del contesto e delle norme di legge, utilizzando però soluzioni di flessibilità, per sfruttare al meglio l’opportunità di Expo per l’occupazione”. Una disponibilità raccolta e rilanciata dal segretario generale della Cisl lombarda, che ha affermato l’urgenza di arrivare al più presto a un accordo sul lavoro per Expo. “Credo che i tempi siano maturi – ha detto Petteni -. Mi auguro che nei prossimi giorni si riesca a raggiungere un’intesa, coniugando le formule della flessibilità e quelle della presa in carico delle persone”. “Dobbiamo favorire i giovani, i disoccupati di lunga durata – ha aggiunto – e allora dobbiamo utilizzare gli strumenti che ci sono, la dote lavoro, il contratto di apprendistato, ed estenderli a tutti, per combattere quanti vogliono fare le tratte degli schiavi”. Petteni ha poi sottolineato che “tutta la società lombarda deve avere una reazione forte, perché Expo non deve diventare la terra del malaffare”. E poiché l’esposizione universale sarà strategica a tutti i livelli, è importante anche fare iniziative fuori da Milano, “perché Expo non è una questione solo milanese” e sarà una grande un’occasione di sviluppo se si tradurrà in opportunità generalizzata sul territorio. Una necessità condivisa anche dal presidente di Regione Lombardia. “Dei milioni di visitatori attesi la maggior parte verrà qui in Italia e in Europa per la prima volta – ha detto Maroni -. E noi dovremo essere così bravi da farli innamorare delle nostre terre e ritornare nei sei anni successivi”. Su questo Maroni ha assicurato l’impegno di Palazzo Lombardia e ha annunciato per giugno la creazione di un fondo regionale di 10 milioni di euro per finanziare e sostenere le iniziative che i territori faranno in direzione di Expo. “Premieremo quelle iniziative che guarderanno anche al dopo-Expo e punteranno a produrre ricadute positive – ha detto il presidente di Regione Lombardia -. Gli effetti positivi di Expo non potranno terminare il 30 novembre 2015”. Che Expo debba essere affrontato in una prospettiva di lungo periodo l’ha sottolineato anche il sottosegretario a Expo Maurizio Martina, sottolineando l’opportunità di uscire dalla mera gestione del quotidiano, dalle difficoltà della crisi. “Non si può pensare che Expo sia la panacea di tutti i mali, ma già moltissime leve positive sono state mosse intorno a questo evento – ha detto Martina -. Stanno aumentano gli investimenti dei Paesi esteri e delle aziende private proprio perché c’è l’esposizione universale: molto si sta già muovendo e nei prossimi mesi avremo l’occasione di mostrare la caratura di questo Paese”. A conclusione dell’incontro è intervenuto monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, che ha richiamato l’attenzione sui contenuti e sul tema dell’esposizione universale, “Nutrire il pianeta”. “La dimensione progettuale di Expo ci porta a pensare con un orizzonte mondiale, a intendere il concetto di cibo come una dimensione di relazione – ha detto monsignor Beschi -. Pensiamo alla benedizione e a come il pane diventa motivo di speranza, una sinergia virtuosa e assolutamente necessaria tra la terra, il lavoro, l’uomo e Dio”. “E il secondo grande aspetto della benedizione è il lavoro – ha detto – perché il pane viene dalla terra e dal lavoro. E c’è qualcosa di assolutamente unico e originale nel lavoro dell’uomo: è dignità, è espressione di libertà. E’ la fondamentale espressione della dimensione culturale dell’uomo: coltivazione e cultura si richiamano. E allora è importante non solo corrispondere al bisogno di lavoro, ma anche alimentare un nuovo senso del lavoro”.