Milano, 16.9.2019
Reduce da Venezia dove il protagonista Luca Marinelli è stato premiato come miglior interprete, arriva sugli schermi Martin Eden di Pietro Marcello. E subito ci si pone un problema: la fedeltà nella trasposizione di un romanzo come quello di Jack London. La vicenda si incentra sulla figura di un marinaio che si innamora di una giovane di famiglia borghese spingendosi ad elevarsi fino a diventare scrittore di successo non dopo essersi avvicinato ai circoli socialisti entrando quindi in conflitto con il mondo della ragazza. Del libro quindi mantiene il problema di fondo, cioè quello di un individuo che crede solo nel proprio essere e pensa di potersi “salvare” grazie all’amore e alla scrittura ma che vive una delusione per l’incapacità di andare oltre se stesso. Il film di Marcello si svolge in una Napoli novecentesca con inserti di materiale d’archivio ed in questo senso sembra dichiarare come il fallimento amoroso del protagonista sia il fallimento di un secolo. Un secolo del quale si evince lo spirito di libertà che si esprime anche attraverso la lotta di classe ma che dimostra i suoi limiti dovuti a finte rivoluzioni. Ma la trasposizione napoletana sconta alcune sintesi del racconto con una frammentarietà che è anche il limite del film.