Milano, 2.4.2019
Una commedia ed un documentario che sono tangenziali ai temi dell’immigrazione. La prima è appena uscita sui nostri schermi mentre il secondo data già da un paio di mesi ma viene ancora riproposto. La commedia è quella di Enrico Lando Scappo a casa interpretata da Aldo (quello del trio Aldo, Giovanni e Giacomo). Chi vuole scappare a casa è un meccanico egoista che pensa solo alla vita spensierata e teorico della diseguaglianza quando, trovandosi a Budapest senza documenti, viene scambiato per clandestino. Ed eccolo alle prese con quello che è il calvario normale dei migranti respinti dalle nostre leggi: centri di detenzione e forze dell’ordine ostili. La commedia è forse un po’ sopra i toni e la sceneggiatura è abbastanza scontata ma l’interpretazione di Aldo e la presa in giro del razzismo (anche se qui si tratta di quello ungherese e croato, ma si rivolge alla nuora perché suocera intenda) fanno trascorrere una serata riflessiva e sufficientemente divertente.
Il documentario si intitola Dove bisogna stare, distribuito purtroppo in poche sale, ed è diretto da Daniele Gaglianone e Stefano Collizzolli e si concentra sulle testimonianze di 4 donne, in quattro angoli del nostro paese, che si sono rese protagoniste, in forme diverse, dell’accoglienza dei migranti e si confrontano su questo tema. Così veniamo a conoscenza con la pensionata di Pordenone che aiuta i pakistani, la donna della Val di Susa (e noTav) che ospita un ragazzo reduce da una traversata della frontiera sotto la neve, della giovane responsabile di un centro sociale in un palazzo occupato a Cosenza e di una altrettanto giovane donna che a Como si occupa delle pratiche relative alla regolarizzazione della immigrazione fornendo anche una attività di sportello. Il film è prodotto da Andrea Segre, un regista che si è sempre interessato in modo intelligente di immigrazione: basti ricordare film come Io sono Li o L’ordine delle cose. Il film è una bella cavalcata attraverso i desideri e le sofferenze dei migranti ma anche una riconoscenza ai tanti volontari che nel nostro paese, combattendo nei fatti la cultura di chiusura nei loro confronti, operano per l’accoglienza nel quasi totale silenzio dei media.