Italiano Medio

Milano, 3.2.2015
 
Checco Zalone ha fatto scuola e la commedia “scorretta” ha trovato un suo autore in Marcello Macchia, un trentaseienne regista alla sua opera prima. Difficile giudicare Italiano Medio anche se alla base vi sono i vizi e le contraddizioni degli italiani rappresentati attraverso un’opera piuttosto provocatoria a partire dalla distribuzione affidata alla Medusa che pure è responsabile della diffusione di film piuttosto discutibili che hanno aiutato a diffondere certi comportamenti. Macchia, che con il nome d’arte di Maccio Capatonda ha sfondato in tv (Mai dire lunedì… e la serie Mario), propone qui una commedia che egli stesso definisce FilMaccio con una idea originale: quella di una persona impegnata alla quale viene offerta una pillola che diminuisce la capacità, già poco utilizzata, di usufruire del proprio cervello. E così si trasforma nell’Italiano medio che pensa solo al sesso, a guardare la televisione ed a creare disagi. Nella prima parte il film funziona anche grazie ad una buona scelta del montaggio ma l’impressione che vi sia troppa televisione (le gags che spesso funzionano sul piccolo schermo non sono adatte al grande) rimane a partire dalla semplicità della regia e dalle riprese elementari. Rimane un film che fa discutere e che parla del qualunquismo e dell’integralismo dei nostri compatrioti e potrebbe essere una occasione per riflettere su come siamo  caduti in basso. Naturalmente, grazie anche alla distribuzione, è approdato in 300 sale e naturalmente ha registrato ottimi  incassi. Peccato che commedie italiane più intelligenti come  Il nome del figlio di Francesca Archibugi (del quale parleremo la prossima settimana)  registrino invece incassi appena sufficienti pur a fronde di una buona circuitazione.