Milano, 3.4.2017
Tre anni fa ha raccontato in modo commovente l’amicizia tra un misantropo solitario ed un bambino. Ora ritorna sugli schermi parlando di integrazione in modo inusuale. Parliamo di Theodore Melfi, un regista di cortometraggi pluripremiato che ha diretto Il diritto di contare portando il film a candidarsi all’Oscar. E lo fa raccontando una vicenda sconosciuta della Nasa. Quella del contributo delle scienziate afroamericane alla conquista dello spazio. Lo fa in maniera appassionante mettendo in evidenza come la loro storia ha anticipato le conquiste di Martin Luther King in quella America profondamente razzista ove la legge non permetteva ai neri di vivere insieme ai bianchi. Persino gli uffici erano separati e, nonostante fossimo all’interno della Nasa, i loro apporti furono per anni misconosciuti in quanto relegati in aree isolate ove si trovavano i soli servizi che potevano usare. Insomma una forza lavoro sfruttata e non riconosciuta nei loro meriti. Razzismo che le tre eroine del film (che scorre in modo lineare per oltre 2 ore) sono riuscite a contrastare nella loro attività quotidiana. Alla fine vediamo le foto di Katherine Johnson, Dorothy Vaughn e Mary Jackson in un riconoscimento tardivo della abilità delle donne di colore.