Insider

Milano, 12.5.2016
 
REGIA: Michael Mann SCENEGGIATURA: Michael Mann, Eric Roth FOTOGRAFIA: Dante Spinotti MONTAGGIO: Paul Rubell, David Rosenbloom, William Goldenberg MUSICHE: Pieter Bourke, Graeme Revell, Lisa Gerrard INTERPRETI: Al Pacino, Russell Crowe, Christopher Plummer, Diane Venora, Philip Baker Hall, Rip Torn, Stephen Tobolowsky, Bruce McGill, Debi Mazar, Lynne Thipgen, Lindsay Crouse, Colm Feore, Gina Gershon, Michael Gambon, Robert Harper PRODUZIONE: Blue Light Productions, Forward Pass Inc., Kaitz Productions, Mann/Roth Productions, Touchstone Pictures DISTRIBUZIONE: Buena Vista International Italia (2000) DURATA: 157 Min
 
Jeffrey Wigand lavora come capo ricercatore e dirigente alla Brown & Williamson, azienda produttrice di tabacco. Quando decide di non poter più rimanere in silenzio di fronte alle manipolazioni cui assiste, Jeffrey viene messo di fronte ad una situazione irreversibile: o si adegua e resta o perde il posto. Licenziato, Jeffrey diventa il testimone chiave nella causa che lo stato del Mississippi ed altri 49 Stati intentano contro l’industria del tabacco. Tutto questo viene pagato a caro prezzo. Jeffrey prende contatti con Lowell Bergman, un giornalista della CBS sempre in cerca di esclusive. Lowell decide di combattere questa battaglia a fianco di Jeffrey e lo convince a registrare una intervista-verità all’interno della trasmissione di grande ascolto ’60 minuti’. Qui Jeffrey fa dichiarazioni piuttosto compromettenti e il giorno della messa in onda arriva dai vertici della CBS l’ordine di toccare il programma. Jeffrey viene lasciato dalla moglie; Lowell rimane isolato all’interno della redazione. Quando le cause legali vanno avanti e si arriva ad una prima sentenza che condanna i produttori di tabacco, la CBS fa marcia indietro. Ma a quel punto Lowell si licenzia. Ormai il caso è all’attenzione di tutti. E questo rappresenta già un successo.
 
Un film sulla dipendenza dell’informazione dalle logiche del profitto piuttosto che alla correttezza delle informazioni (la rete CBS che fa scelte sulla base del valore azionario e dei dividendi a fine anno) oltre che sulla difficoltà di ottenere giustizia e di mantenere l’etica professionale. Oltre ad essere, nel panorama cinematografico, la più grande accusa verso l’industria del tabacco. La vicenda, tratta da una storia vera, vide le multinazionali del tabacco multate di 246 miliardi per risarcimenti di spese mediche ed indusse un cambiamento nelle politiche comunicative delle stesse aziende. Peccato che il film ebbe incassi molto limitati.
 
LA CRITICA
 
Come in “Heat”, Michael Mann lavora ancora su due fisionomie diverse per farle, lentamente sovrapporre. Le intenzioni non corrispondono quasi mai ai risultati. Non basta avere appese in ufficio le foto di Allen Ginsberg e Martin Luther King per essere in pace con il proprio passato. Non basta aver studiato con Marcuse. E non basta neppure, semplicemente, andarsene in silenzio. Tutti e due, in qualche maniera sottile e insinuante, hanno tradito quello che erano. E tutti e due lo ritrovano: “Che cosa è cambiato?”. “Vuoi dire da stamattina?”. “No, voglio dire da sempre. Al diavolo, andiamo in tribunale”. “The Insider” non è un pamphlet, non è il solito film sociale: è un raro esemplare di grande cinema morale, di scavo atroce su quello che eravamo e quello che siamo diventati. Non ci sono alibi: come dice la moglie di Al Pacino: “Devi sapere quello che vuoi fare prima di farlo”. (FilmTv)
 
…l’8° film di Mann, viziato da lungaggini, talvolta indeciso e troppo simmetrico nell’alternare i 2 bersagli (lo scandalo del tabacco o la libertà d’informazione TV, condizionata dai poteri economici?), tenuto “in uno stato di costante fibrillazione, come in una suspense che ci si sforza di tirare allo spasimo per due ore e mezzo” (P. Cherchi Usai). Affetto da gigantismo, è un thriller politico in forma di cinema da camera in cui il coprotagonista (un ottimo Crowe) è più interessante del protagonista (l’appassionato e monocorde Pacino). Bella galleria di personaggi di contorno e un po’ congestionato nel suo eccitato ritmo di montaggio. Non una sigaretta accesa in tutto il film. 7 candidature agli Oscar e nemmeno una statuetta nell’anno di American Beauty. (M.Morandini)
 

 

A innescare la miccia di tutti i conflitti è proprio l’insider Jeffrey Wingard, capo delle ricerche della multinazionale Brown § Williamson, allorché decide di concedere un’intervista-denuncia sui sistemi adottati per creare una dipendenza da tabacco in chi fuma a Lowell Bergman, una specie di Maurizio Costanzo americano che gestisce la mitica trasmissione di inchiesta giornalistica televisiva “Sixty minutes” presso la potente CBS. Compare, così, il secondo protagonista del film, un Al Pacino che si conferma il gigante di questi anni: l’attore appare al massimo della bravura e della sua maniera, voce arrochita(alludiamo al doppiatore Giancarlo Giannini), capelli furiosi, sguardi in tutte le direzioni, presenza carismatica sullo schermo. I due si ritrovano in guerra contro le nefandezze del potere delle multinazionali del tabacco, con le loro intimidazioni, le violenze più o meno occulte e trasversali, l’atteggiamento banditesco di chi protegge i suoi privilegi all’interno di uffici lindi, asettici, dove regnano il denaro e i mobili firmati, le luci soffuse ed un silenzio irreale. E’ nella messa in scena di ambienti del genere che rifulge la perizia del ‘nostro’ Dante Spinotti, sensazionale direttore della fotografia (anche in Heat) nominato per l’Oscar, che si inventa una fotografia sporca, atmosferica, tesa a restituirci le angosce dei protagonisti e i complicati giochi di potere che la denuncia dei due a contribuito a mettere in moto. Ma “The insider” vanta anche la direzione di Michael Mann, uno dei più grandi registi di questi anni. Il suo operare con stile ha dell’impressionante! E’ un lavoro capillare il suo, che riesce a trarre il meglio dai suoi personaggi scrivendogli letteralmente il film addosso (Mann è anche sceneggiatore). Con loro Mann crea il suo stile che non ha pari. E parliamo di attori del calibro di Al Pacino, Robert de Niro, Russel Crowe e Daniel Day Lewis! (dalla scheda di Cineforum Domodossola)