Lavoro: part-time per molte è una scelta forzata, non strumento di conciliazione

Milano, 27.4.2015
 
Il lavoro a tempo parziale non è più considerato una misura di conciliazione. E’ quanto emerge dal rapporto biennale 2012/2013 sull’occupazione femminile e maschile nelle imprese con più di 100 addetti in Lombardia, che riporta i risultati dell’indagine curata dalla Consigliera di Parità Regionale. I dati presentati si riferiscono ad un campione di 2.780 imprese che, pur rappresentando una percentuale molto bassa dell’universo di imprese operanti in Lombardia, occupano 1.549.149 addetti, di cui 685.833 donne, cioè circa il 42% dell’intera popolazione occupata nelle imprese presenti in regione. Il 17,6% delle persone occupate nel campione di imprese lavora a tempo parziale. La differenza tra donne e uomini in questa tipologia di lavoro continua ad essere molto evidente: le donne occupate a tempo parziale sono l’84,8%. Negli ultimi anni queste quote di lavoro part-time sono cresciute, sia per le donne che per gli uomini. L’analisi dei dati evidenzia che gran parte del nuovo lavoro part-time è del tutto involontario, rappresenta cioè una quota di sotto-occupazione forzata per mancanza di alternative di lavoro full-time e molti occupati part-time vorrebbero e/o avrebbero bisogno di lavorare di più. Dai dati, inoltre,  si rileva una crescita della quota di donne occupate sul totale ma il traino rimane il settore terziario, il che sembra confermare una segregazione orizzontale nell’occupazione. La distribuzione della presenza femminile nell’occupazione è eterogenea nei diversi settori di attività: si va dal 25,3% nel comparto industriale, al 36,7% nel settore agricolo al 54% del settore terziario. “La ricerca complessivamente conferma la difficoltà per le donne, anche nel nostro territorio, a conciliare gli impegni lavorativi e professionali con gli impegni di cura – commenta Paola Gilardoni, segretario regionale Cisl Lombardia -. I cambiamenti del contesto economico e sociale rischiano di caricare ancora sulle donne ulteriori e nuove difficoltà da dover affrontare”. “Alle già evidenziate condizioni di incertezza occupazionale, e criticità di coniugare gli impegni di lavoro con la gestione dei figli, si aggiunge il fatto che l’evoluzione demografica e l’invecchiamento della popolazione – sottolinea –  rischiano di porre ancora sulle famiglie, ed in particolare sulle donne che lavorano, le esigenze di assistenza e cura delle persone anziane o non autosufficienti. Inoltre con l’incremento dell’età pensionabile femminile, le lavoratrici potrebbero essere “co-strette” tra impegni lavorativi e di cura dei propri famigliari, siano essi i bambini (nipoti) che i genitori”. La promozione di politiche di conciliazione diviene pertanto un’esigenza di tutela non solo per le donne, ma complessivamente per le famiglie. “In questi anni di difficoltà economiche, caratterizzata da limiti nella possibilità di redistribuire risorse, la contrattazione aziendale ha saputo sostenere percorsi innovativi nella ricerca di soluzioni e misure di tutela delle persone – ricorda Gilardoni – . L’osservatorio regionale della Cisl Lombardia ha raccolto molteplici intese in tema di cure parentali: in azienda si contrattano le integrazioni al trattamento economico della maternità obbligatoria o facoltativa, il buono “nascita” o contributi per l’acquisto di prodotti per la prima infanzia, percorsi formativi rivolti alle lavoratrici al rientro della maternità o dai congedi parentali, asili aziendali, contributi al pagamento della retta dell’asilo, dei centri estivi o delle colonie in riferimento ai periodi di chiusura delle scuole, e servizi dopo-scuola”.