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Euronote – Preoccupano gli ultimi dati sui giovani nell’Ue

 
Milano, 13.9.2016
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Preoccupano gli ultimi dati sui giovani nell’Ue
Cresce in molti Paesi la quota di ventenni che non si formano e non lavorano
 
Proprio mentre a fine agosto la Commissione europea presentava una proposta di regolamento per ammodernare le statistiche sociali, sottolineando giustamente che in tale ambito «non si tratta di numeri, ma di persone», l’Ufficio statistico dell’Ue, Eurostat, pubblicava dei dati sociali che dovrebbero far riflettere e innescare urgenti e adeguate politiche. Perché si tratta della ormai permanente difficile situazione in cui si trovano i giovani europei, che evidenzia come l’Europa stia rischiando grosso compromettendo il futuro delle sue nuove generazioni. Soprattutto in alcuni Stati membri, come purtroppo l’Italia.
 
All’Italia il triste record europeo di Neet
 
I giovani rappresentano circa il 17% della popolazione dell’Ue, cioè quasi 90 milioni di persone con età compresa tra i 15 e i 29 anni, nota un recente studio Eurostat.
 
Si trovano però in situazioni molto diverse, con modelli di istruzione, formazione e occupazione che variano considerevolmente tra gli Stati membri e per le fasce di età. Mentre infatti nella fascia 15-19 anni la stragrande maggioranza dei giovani dell’Ue è in formazione, tra i 25 e i 29 anni la maggior parte si trova nel mondo del lavoro. Naturalmente tra i 15 e i 29 anni, osserva Eurostat, si registra un chiaro spostamento dal mondo della formazione a quello del lavoro, anche se non sempre ciò significa occupazione. Lo dimostra la quota di disoccupazione giovanile under 25, mediamente intorno al 19% nell’Ue e al 21% nella zona euro (rispetto all’8,6% e al 10,1% della popolazione generale) ma con percentuali che raddoppiano in Paesi come Grecia (50,3%), Spagna (43,9%) e Italia (39,2%). Una condizione spesso frustrante, che in molti casi porta alla rassegnazione. Il dato più inquietante tra quelli forniti da Eurostat sulla condizione giovanile è infatti quello che riguarda i milioni di giovani che non studiano, non si formano e non lavorano, i cosiddetti Neet (Not in Education, Employment or Training). Un fenomeno che aumenta con l’età, che mediamente a livello europeo si attesta al 6,3% nella fascia di età 15-19 anni, triplica quasi passando al 17,3% per la fascia di 20-24 anni e raggiunge quasi un giovane su 5 nella fascia dei 25-29 anni (19,7%).
 
Mentre però nei Paesi nord europei si registrano generalmente percentuali inferiori al 10%, con il 7,2% nei Paesi Bassi, l’8,8% in Lussemburgo e il 9,3% in Danimarca, Germania e Svezia, come per i dati sulla disoccupazione anche in questo caso sono gli Stati membri mediterranei a destare maggior preoccupazione. Soprattutto l’Italia, che riguardo ai Neet nella fascia d’età 20-24 anni detiene il pessimo record europeo: 31,1%, nettamente peggio delle già preoccupanti percentuali rilevate in Grecia (26,1%), Croazia (24,2%), Romania (24,1%), Bulgaria (24,0%), Spagna e Cipro (entrambi 22,2%).
 
Ad evidenziare la negativa situazione italiana è il dato Eurostat sull’andamento degli ultimi 10 anni: l’Italia è il Paese dell’Ue dove la quota di Neet è aumentata di più, passando da circa un giovane su cinque nel 2006 (21,6%) a quasi uno su tre nel 2015 (31,1%). Complessivamente la situazione dei giovani Neet è peggiorata in 18 Stati membri nell’ultimo decennio, con gli aumenti più significativi rilevati appunto in Italia (+9,5%), seguita da Grecia (+9,3%), Spagna (+9%), Cipro (+8,5%), Irlanda (+7,8%), Croazia (+5,4%), Romania (+5,2%) e Portogallo (+4,9%). I dati sono chiari, urgono interventi adeguati.
 
Statistiche migliori per l’Europa sociale
 
Non sempre però in ambito sociale esistono statistiche altrettanto complete e armonizzate a livello europeo. Così la Commissione europea, secondo cui «la rilevazione e l’utilizzo dei dati ricavati da indagini sociali costituiscono uno strumento a sostegno del processo decisionale in generale e delle politiche sociali in particolare», ha adottato una proposta di regolamento al fine di modernizzare le statistiche sociali.
 
Riducendo i termini di trasmissione in diversi settori, il regolamento quadro proposto dovrebbe consentire una più rapida pubblicazione dei dati, inoltre dovrebbe permettere di aumentare la comparabilità e la coerenza delle statistiche sociali dell’Ue e facilitare l’analisi congiunta dei fenomeni sociali, basata su nuovi metodi di indagine. La Commissione ritiene poi che il ricorso ad approcci e metodi innovativi da parte delle autorità statistiche nazionali e la combinazione di dati provenienti da più fonti permetteranno di avere a disposizione un set di dati migliore e più ampio.
 
«La disponibilità di una base di informazioni più solida, in termini di indicatori sociali, consentirà di migliorare l’analisi dell’evoluzione sociale e contribuirà al conseguimento di una tripla A sociale per l’Europa» sostengono i responsabili dell’esecutivo dell’Ue, sottolineando come la dimensione sociale sia al centro dell’agenda europea. La commissaria responsabile per l’Occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità dei lavoratori e per le statistiche europee, Marianne Thyssen, lanciando la proposta ha evidenziato che «dati di elevata qualità sono il punto di partenza per buone politiche e in campo sociale sono necessarie informazioni della massima accuratezza. Per definire politiche sociali che corrispondano alle reali esigenze dei cittadini europei di oggi abbiamo bisogno di dati più aggiornati e dobbiamo poterli ricevere il più rapidamente possibile».
 
L’iniziativa fa parte di un vasto programma di ammodernamento delle statistiche sociali avviato in collaborazione tra Ue e Stati membri. Come spiega la Commissione, intende «affrontare le nuove sfide nel settore delle statistiche, tra cui la rapida innovazione nelle metodologie e negli usi delle tecnologie dell’informazione, la disponibilità di nuove fonti di dati, l’emergere di nuove esigenze e aspettative tra gli utenti dei dati, nonché la continua pressione sulle risorse disponibili».
 
Iniziative analoghe sono in fase di sviluppo in altri ambiti statistici, come le statistiche agricole e delle imprese, rende noto la Commissione.
 
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