Perplessità e critiche sull’accordo Ue-Tunisia

 Ancora una volta l’Ue antepone il contrasto delle migrazioni ai diritti umani

Molte critiche ha sollevato l’accordo di partenariato tra l’Unione europea e la Tunisia siglato lo scorso 16 luglio. Il memorandum d’intesa firmato a Tunisi dal trio europeo, costituito dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dalla prima ministra italiana, Giorgia Meloni e dall’omologo olandese, Mark Rutte, con il presidente tunisino, Kaïs Saïed, attiva una collaborazione economica ma soprattutto in materia di controllo delle migrazioni. La presidente della Commissione europea ha parlato di alcuni pilastri su cui si basa l’accordo, quali stabilità macroeconomica, commercio e investimenti, transizione verso l’energia verde, contatti interpersonali creando opportunità di lavoro, tuttavia risulta piuttosto evidente come la priorità riguardi il controllo e il contrasto delle migrazioni. In pratica, si tratta di fondi europei al governo del Paese nordafricano in cambio di un impegno a ridurre i flussi migratori verso l’Ue; di fatto verso le coste italiane dell’Ue, da qui il ruolo centrale della premier italiana. Uno schema che rientra nella strategia europea di esternalizzare il contrasto delle migrazioni verso l’Europa già sperimentato con Turchia e Libia e proprio per questo molto criticato.

Come nei casi precedenti, infatti, anche con la Tunisia l’Ue sembra chiudere un occhio sulla tutela dei diritti umani e civili anziché considerarli centrali nell’ambito di un accordo di cooperazione internazionale. Il testo del memorandum si riferisce a un generico «rispetto dei diritti umani e delle leggi internazionali», ma la realtà è ben diversa in un Paese il cui presidente ha lanciato da qualche mese una campagna contro i migranti subsahariani, motivandola con un delirante rischio di «sostituzione etnica» degno della peggior propaganda del fanatismo di estrema destra europeo.

Durante le dichiarazioni finali, il presidente tunisino Saïed ha definito «false notizie» le denunce degli operatori umanitari sul trasferimento forzato e l’abbandono nel deserto da parte delle autorità tunisine di centinaia di migranti subsahariani. Se da lui era difficile attendersi altro, lascia perplessi l’assordante silenzio al proposito dei suoi partner europei.

La Tunisia riceverà così dall’Ue 105 milioni di euro per attuare rimpatri e rafforzare i controlli alle proprie frontiere esterne, ma ciò che ha sollevato molte critiche è che nessuno dei rappresentanti dell’Ue recatisi a Tunisi abbia in alcun modo fatto cenno all’atteggiamento del presidente tunisino nei confronti dei cittadini di Paesi terzi africani presenti in Tunisia, né alle accuse complottiste contro Ong europee e operatori per i diritti umani.

Amnesty: «Ue complice di violazioni dei diritti umani»

L’accordo con la Tunisia rende l’Unione europea complice di violazioni dei diritti umani di migranti e richiedenti asilo, denuncia Amnesty International: «Concentrandosi sulle politiche e sui finanziamenti per il contenimento e l’esternalizzazione del controllo delle frontiere, anziché garantire percorsi sicuri e legali per coloro che cercano di attraversare i confini in modo sicuro, i leader dell’Ue si stanno ancora una volta avviando verso politiche fallimentari basate su una spietata indifferenza verso i diritti umani fondamentali».

Il memorandum d’intesa in base al quale, fra le altre cose, l’Ue accetta di fornire alla Tunisia sostegno finanziario e tecnico per scoraggiare la migrazione verso l’Europa, è un «accordo mal ponderato, firmato nonostante le evidenti prove di gravi violazioni dei diritti umani da parte delle autorità tunisine, comporterà una pericolosa proliferazione di politiche migratorie già fallimentari e segnalerà l’accettazione da parte dell’Ue di un comportamento sempre più repressivo da parte del presidente e del governo di Tunisi» sostiene l’organizzazione internazionale.

«In un contesto di crescenti violenze e maltrattamenti da parte delle autorità tunisine nei confronti dei migranti subsahariani, tale decisione dimostra che non è stata appresa nessuna lezione dai precedenti, simili accordi. Ciò rende l’Unione europea complice delle sofferenze che inevitabilmente ne deriveranno» dichiara Amnesty, denunciando che le autorità tunisine hanno lasciato centinaia di persone, bambini compresi, intrappolate alle frontiere desertiche del Paese, prive di acqua, cibo o riparo.

Ces: «Un esempio di politica estera senza etica»

Una decisa condanna del memorandum siglato tra Ue e Tunisia è giunta anche dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces), secondo cui «l’accordo da un miliardo di euro arriva in un momento in cui il governo tunisino viola sistematicamente i diritti umani e dei lavoratori, compresa una campagna di molestie contro i sindacati e il trattamento razzista dei migranti dall’Africa subsahariana».

Il memorandum, osserva la Ces, non include alcuna condizione sull’aiuto finanziario che aiuterebbe a far rispettare i diritti umani, dei lavoratori o dei sindacati nel Paese. Oltretutto, la Commissione europea non ha neanche risposto a una lettera inviata dalla Ces il mese scorso sulla necessità di tali condizioni, mentre gli esatti impegni finanziari assunti sono ancora sconosciuti.

«L’Ue avrebbe potuto sfruttare questo accordo come un’opportunità per imporre il rispetto dei diritti umani, dei migranti e dei lavoratori in Tunisia. Invece ha stabilito pubbliche relazioni con un regime autocratico, ha chiuso un occhio sul suo assalto ai sindacati e gli ha permesso di aumentare il maltrattamento dei migranti utilizzando denaro europeo» accusa la Ces, secondo cui «l’Europa dovrebbe regolarizzare la migrazione creando più percorsi legali e smetterla di buttare i nostri soldi per frontiere militarizzate».

La segretaria generale della Ces, Esther Lynch, lei stessa espulsa dalla Tunisia per ordine del presidente Saïed a febbraio dopo aver preso parte a una manifestazione pacifica per i diritti sindacali, ha concluso: «L’Europa dovrebbe aspirare ad avere una politica estera etica, ma l’accordo con la Tunisia è un buon esempio di politica estera senza etica».