Politiche attive, Cisl Lombardia: più risorse, per vincere la sfida

Milano, 21.7.2015
 

Destinare dal 2017 lo 0,30% delle risorse per la mobilità alle politiche attive. E’ la proposta lanciata ieri nel corso del dibattito organizzato dalla Cisl Lombardia per fare il punto sul Jobs act e sul suo ultimo tassello, “il più importante poiché una volta a regime – sottolinea il segretario generale, Osvaldo Domaneschi – dovrà  sostenere tutti quei lavoratori che non ce la fanno a ricollocarsi sul mercato del lavoro”. Il decreto attraverso la creazione di un’agenzia ad hoc, l’Anpa, per la prima volta dà il via ad un sistema nazionale di politiche attive, che punta a far tesoro delle esperienze regionali, Lombardia in testa, generalizzandole. Il sistema, però, per funzionare al meglio, è stato ribadito ieri nel corso del dibattito “Dal Jobs act alle politiche attive”, avrà bisogno di risorse adeguate. “Le politiche attive costano e la contrattazione non potrà stare con le mani in mano – ha sottolineato Roberto Benaglia, segretario regionale Cisl Lombardia, introducendo i lavori -. Per questo proponiamo che i fondi professionali possano stabilire quote di risorse che vanno a sostegno dei cassintegrati e che la quota dello 0,30% che dal 2017 le imprese industriali non pagheranno più per finanziare le indennità di mobilità possa rimanere come cofinanziamento delle politiche attive, per dare più possibilità ai lavoratori licenziati di avere strumenti di sostegno alla ricollocazione”. A sollecitare più investimenti sulle politiche attive è intervenuto anche Gigi Petteni, segretario confederale Cisl . “Certamente su questa partita, che è la più delicata – ha sottolineato – servono più risorse e la Legge di stabilità dovrà dire qualcosa”. Petteni ha inoltre lanciato la proposta di un accordo interconfederale “sulla gestione delle crisi con i nuovi strumenti introdotti dal Jobs act”. Quanto allo schema di decreto in discussione, la valutazione della Cisl lombarda è positiva. Nella sua formulazione finale e definitiva, però, dovrà essere molto snello, poco burocratico, attento alle politiche e non tanto alle strutture. “Stiamo lavorando perché si realizzi una rete nazionale che sia inclusiva, tenendo conto delle esperienze particolari e le specificità regionali – ha assicurato Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro all’università Bocconi di Milano e consulente giuridico di Palazzo Chigi -. L’approccio per migliorare l’efficacia delle politiche attive deve essere quello della valorizzazione, non della contrapposizione”. Un invito al dialogo e alla collaborazione che  l’assessore lombardo al Lavoro, Valentina Aprea, ha rispedito al mittente senza mezzi termini. “Nel decreto si dà per scontato che le politiche del lavoro non siano in capo alle Regione – ha aggiunto -. O si apre al più presto un confronto o siamo pronti a fare ricorso costituzionale”. A ribadire che il decreto sulle politiche attive, per funzionare,  debba avere un respiro nazionale è intervenuto Marco Leonardi, docente dell’università Statale e consulente  del governo. “L’unica prospettiva possibile è quella nazionale – ha sottolineato –. Certamente faremo di tutto perché il sistema sia semplice e quindi efficace e certamente non vogliamo esautorare le Regioni  nel decidere cosa devono fare i centri per l’impiego e le agenzie private”. Agenzie che, come ha sottolineato il direttore di Assolavoro,  Agostino Di Maio, valutano positivamente lo schema di decreto e ne sollecitano una rapida approvazione e quindi entrata in vigore.