Ponte generazionale, alla Cisl Monza Brianza Lecco ha funzionato

Milano, 31.5.2017

Solo una ventina di persone in due anni ha utilizzato questo progetto in tutta la Lombardia. Alla Cisl Monza Brianza Lecco, invece, il nuovo ponte generazionale è stato applicato con successo. E’ stato utilizzato per due operatrici che lavorano nell’Ufficio Colf e badanti della Cisl Monza Brianza Lecco. Entrambe dipendono dai Servizi integrati della Cisl Lombardia. Lo sportello, che si trova in via Dante numero 6, negli ultimi anni ha dovuto far fronte a un sempre maggior numero di pratiche. Nel 2002 erano circa 200, adesso sono oltre un migliaio all’anno. “Dal punto di vista retributivo – spiega Maria Paola Radaelli, neo pensionata con 42 anni di contributi – ho ovviamente dovuto rinunciare a qualcosa. Ma il trattamento pensionistico non è stato penalizzato. Ho poi avuto maggior tempo da dedicare alla famiglia e ai miei nipoti. E ho dato modo a un’altra persona di avere un’occupazione a tempo pieno”. “Ho avuto quest’opportunità – sottolinea Federica Farina, assunta a tempo pieno a partire da domani – e ben volentieri ho cercato di sfruttarla”. “Adesso – commenta Rita Pavan, segretaria generale Cisl Monza Brianza Lecco – il ponte generazionale non è più strutturato in questo modo. Probabilmente non è stato molto sfruttato perché non è stato adeguatamente pubblicizzato. Ma ormai fa parte della contrattazione nazionale: nel contratto dei chimici, per esempio, c’è”.
Il nuovo ponte generazionale è un intervento per le politiche di reimpiego nato da un accordo tra Assolombarda, Regione Lombardia e Inps. Era stato istituito con il decreto della Regione Lombardia numero 665 del 2 febbraio 2015. La norma era stata utilizzata nel luglio 2015 dalla Cisl Monza Brianza Lecco per favorire il passaggio di consegne tra Federica Farina, 29 anni, di Ronco Briantino, e Maria Paola Radaelli, 57 anni, di Verano Brianza. Al lavoratore più maturo dovevano mancare al massimo 48 mesi per il conseguimento del diritto alla pensione. La legge prevedeva inoltre che il giovane assunto dovesse avere un’età compresa tra i 18 e i 29 anni. In pratica, il contratto del lavoratore vicino alla pensione veniva trasformato da tempo pieno a tempo parziale. I fondi messi a disposizione dalla legge permettevano comunque che i contributi pensionistici venissero pagati integralmente. Il lavoratore più giovane veniva a sua volta assunto con un contratto part-time. Che, al momento del raggiungimento dei requisiti pensionistici del primo lavoratore, veniva tramutato in un contratto a tempo pieno.