Sentenza – Legittimo il licenziamento del lavoratore “no mask”

Milano, 31.8.2021

II Tribunale di Trento, con  sentenza dell’8 luglio 2021 ha dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare (per giusta causa) disposto nei confronti di un’insegnante che si è ripetutamente rifiutata di indossare la mascherina protettiva durante il servizio scolastico adducendo motivazioni, per sostenere il rifiuto portato nel corso della sua audizione durante il procedimento disciplinare, in quanto «obiettrice di coscienza» e di essere impossibilitata a farlo per ragioni di salute.
Motivazioni non riconosciute valide, per cui si è proceduto al licenziamento per giusta causa. La lavoratrice proponeva quindi ricorso dinanzi al giudice del lavoro di Trento, avanzando domanda di reintegra.
Il Tribunale, non rinvenendo tra le allegazioni della lavoratrice alcuna certificazione medica idonea a giustificare il rifiuto di indossare la mascherina, rilevava inoltre che la condotta dell’interessata si poneva in aperto contrasto con le linee di indirizzo per la tutela della salute approvate dal presidente della Provincia autonoma di Trento con ordinanza e, a livello nazionale, dal Protocollo d’intesa siglato dal ministero dell’Istruzione il 6 agosto 2020, che include l’obbligo «per chiunque entri negli ambienti scolastici» di «adottare precauzioni igieniche e l’utilizzo di mascherina».
Sotto un profilo giuridico, secondo il Tribunale di Trento, i predetti atti e provvedimenti amministrativi troverebbero idoneo fondamento anche nella volontà del legislatore che in diversi provvedimenti legislativi considera le mascherine un dispositivo di protezione individuale e, richiamando gli orientamenti giurisprudenziali il giudice del tribunale di Trento ricorda come «il persistente rifiuto da parte del lavoratore di utilizzare i dispositivi di protezione individuale giustifica il licenziamento intimato all’inadempiente».


Inoltre, nel caso specifico il giudice, valutando il comportamento della lavoratrice nel suo contenuto e oggettivo, nonché nella sua soggettività, ha ritenuto la condotta di gravità tale da comportare una lesione irrimediabile del vincolo fiduciario posto alla base del rapporto di lavoro, legittimando così la giusta causa di licenziamento.
Il giudice ha rilevato, nella valutazione oggettiva, che la condotta della lavoratrice si sarebbe infatti posta in contrasto con le disposizioni previste dall’articolo 20, comma 1 e comma 2 lettera d) del Dlgs 81/2008.
Quanto al profilo soggettivo, il Tribunale ha ritenuto assolutamente censurabile la condotta della ricorrente, la quale con il suo comportamento avrebbe anteposto all’interesse generale (oltre che a quelli di utenti e colleghi) proprie convinzioni personali che non trovavano tuttavia fondamento in conoscenze riconosciute dalla comunità scientifica.
Il Tribunale di Trento, nel confermare la piena rilevanza disciplinare di simili condotte, giunge dunque a una conclusione ancora più drastica, ritenendo legittimo, in presenza di tali condotte e di determinati presupposti, l’irrogazione della massima sanzione comminata.