Acciaio

Milano, 24.4.2014
 
 
Regia: Walter Ruttmann  Soggetto: Tratto dal racconto “Giuoca, Pietro!” di Luigi Pirandello  Sceneggiatura: Emilio Cecchi, Stefano Landi, Walter Ruttmann, Mario Soldati Fotografia: Domenico Scala, Massimo Terzano Musiche: Gian Francesco Malipiero Montaggio: Giuseppe Fatigati, Walter Ruttman Scenografia: Gastone Medin  Interpreti: Piero Pastore (Mario Vellini), Isa Pola (Gina), Vittorio Bellaccini (Pietro Ricci), Alfredo Polveroni (Giuseppe Ricci), Olga Capri (Emma Ricci), Arcangelo Aversa, Romano Calo’, Romolo Costa, Luigi Erminio D’Olivo, Giulio Massarotti, Enzo Pagliericci, Domenico Serra Produzione:       Emilio Cecchi per La Cines   Distribuzione: Cineteca Nazionale Durata: 67’
 
Due giovani, amici da tempo, litigano a causa di una ragazza della quale sono innamorati entrambi, ma il lavoro li costringe a vivere insieme. Uno dei due, a causa di un incidente in fabbrica, muore e l’altro viene ritenuto responsabile. Considerato quasi un assassino, è costretto ad allontanarsi, ma passato un po’ di tempo, l’amore per la fanciulla e la sua onestà verso il lavoro, lo fanno tornare sulle sue decisioni rientrando a casa e alla fabbrica.
 
Ambizioso film che nel 1933 punta a riprendere moduli dei film dell’avanguardia (non a caso affidato alla regia di Ruttmann, con esperienze di lavoro sui film astratti) nel raccontare una vicenda che si svolge nell’ambiente operaio.  Purtroppo l’intento innovativo del film è solo parzialmente riuscito e comunque non ha avuto seguito nel cinema di regime. Importante comunque l’apertura delle frontiere ad un regista straniero.
 
LA CRITICA
 
Quanto ad Acciaio se n’è parlato e scritto molto; il film interessa ancora per la sua esemplare schizofrenia. Da una parte si coglie un imperativo etico molto simile a quello de cameriniano Rotaie (1929), ossia la ricomposizione attraverso il lavoro che sana le indiscipline della passione, nonché le ambizioni sportive, la devianza criminale vera e propria dall’altra c’è il conflitto squisita mente formale fra la drammaticità romanzesca e quella veristico-visionaria. La forza della materia, che si manifesta prima con le prolungati cadute d’acqua poi con le altrettanto lunghe sequenze dell’altoforno attrae continuamente il regista fino a fargli smarrire ogni equilibri drammaturgico. Sono sempre forze che si scontrano: la forza degli elementi, dei corpi, dei sentimenti, del dolore. Dicevamo veristico-visionaria, a propisito della drammaticità che si oppone al romanzo, perchè l’intento di aderire alla realtà non si disgiunge mai da una fascinazione visiva febbricitante, da un eccesso che trasforma la materialità delle situazioni in allucinazione espressionista. Un ibrido, perciò, dove le logiche del racconto sono compresse e banalizzate quanto più non si potrebbe, da un’energia anarchica e distruttiva. (Tullio Masoni Cineforum n. 310)
 
Soggetto scritto da Luigi Pirandello su esplicita richiesta di Mussolini e la regia è affidata al noto documentarista tedesco Walter Ruttmann, arrivato in Italia dopo il successo ottenuto nel ’27 con   Berlino Sinfonia di una grande città. La pellicola rappresenta un momento importante del cinema italiano poiché esso è riuscito formidabilmente all’italiana, non solo perché fatto in Italia, con tecnica italiana, con sole,  con terra italiani, ma perché il regista straniero ne ha fatto una sincera e simpatica espressione della nostra anima popolare. (Blogspot)
 
Mario e Pietro, operai delle acciaierie di Terni, amano Gina. Pietro muore in un incidente, ma i compagni sospettano di Mario che sprofonda in una crisi dalla quale uscirà grazie a Gina. Soggetto di Luigi Pirandello su richiesta di Mussolini (sceneggiatura di suo figlio Stefano Landi), fu poi rifiutato dallo scrittore perché il regista aveva dato maggiore importanza all’ambiente in cui il dramma si svolge che non al dramma stesso. Forse anche il fatto che Ruttmann scelse Isa Pola anziché Marta Abba, la dispotica compagna del drammaturgo, ebbe il suo peso. Il difetto riscontrato da Pirandello (che apprezzò molto le musiche di Gian Francesco Malipiero) è il vero pregio del film. Mario Soldati aiutoregista. (M. Morandini)
 

 

“Vogliamo fare un documentario su quella baracca di ferrivecchi che è una fonderia italiana? Il mio sforzo è stato quello di cavare dalla stupidità meccanica un po’ di dramma umano” Luigi Pirandello