Milano, 21.6.2017
Dei 10.500 contratti aziendali attivi censiti da Adapt, il 30% riguarda misure di welfare. Tra lavoro agile, premio di produttività e azioni di conciliazione famiglia-lavoro il welfare aziendale sta entrando a pieno diritto nelle politiche di gestione delle risorse umane delle aziende italiane. Se n’è discusso ieri all’incontro “Benessere e competitività” organizzato in università Cattolica da Altis, in collaborazione con Cisl Lombardia e Adapt. “I soggetti di policy e di rappresentanza devono guardare a questa fase di grandi cambiamenti nel mondo del sociale e del lavoro come opportunità anche per migliorare le proprie azioni – ha sottolineato Paola Gilardoni, segretario regionale Cisl Lombardia -. In quest’ambito il tema del welfare è strategico: l’ultimo rapporto Ocsel presentato dalla Cisl evidenzia che in tre anni la contrattazione decentrata sui temi del welfare è raddoppiata, passando dal 10 al 20%”. Certo, però, occorre guardare con attenzione a quanto si contratta, “perché – puntualizza Gilardoni – non tutto è welfare”. Da qui l’attenzione della Cisl a promuovere lo sviluppo delle competenze dei propri contrattualisti, anche attraverso percorsi di formazione come “Professione welfare”, il corso di alta formazione rivolto anche a operatori e dirigenti Cisl che anche quest’anno sarà riproposto. Introdotto da Vito Moramarco, direttore di Altis, l’incontro è stato un’occasione per illustrare alcune best practice di aziende che hanno messo al centro dell’attenzione il benessere dei dipendenti, sia in ambito privato che pubblico. Al Comune di Bergamo, per esempio, 54 dipendenti (in maggioranza uomini), stanno sperimentando un progetto di smart working. “Abbiamo provato a far nascere progetti lavoro agile dal basso e abbiamo scoperto che qualunque funzione prevede un piccolo spazio di gestione documentale o pratiche burocratiche ed è quindi possibile programmare 4-8 ore alla settimana di smart working – spiega Giacomo Angeloni, assessore comunale all’Innovazione -. I lavoratori sono più soddisfatti, lavorano meglio e anche i servizi ai cittadini ne risentono positivamente”. Secondo Adele Nardulli, amministratore delegato della società di traduzioni Trans-Edit Group, benessere in azienda e smart working sono “due facce della stessa medaglia”. In Basf una forma di lavoro a distanza, ma nulla a che vedere con il telelavoro, è stata introdotta alcuni anni fa con il progetto di “flexiwork”, ovvero lavoro da casa volontario per alcune giornate al mese. La multinazionale tedesca della chimica, del resto, ha introdotto nel tempo diverse soluzioni per aumentare il benessere dei suoi dipendenti e forme di welfare aziendale, attraverso un percorso graduale che oggi ha portato a predisporre un piano di welfare fruibile attraverso un portale dedicato. “Siamo partiti ben prima che il governo introducesse i vantaggi fiscali – sottolinea Alberto Busnelli, direttore risorse umane Basf Italia -. Bisogna evitare che sui temi del welfare aziendale si sviluppi la logica del supermarket, che rischia di spostare l’attenzione dal tema benessere lavorativo a quello della distribuzione quantitativa”. In un’ottica di attenzione ai bisogni la dimensione di welfare aziendale si allarga al territorio. “Ad alcuni problemi dei lavoratori, per esempio quelli relativi alla casa, il welfare territoriale può dare risposte valorizzando il welfare aziendale creando anche forme nuove – afferma Romano Guerinoni, direttore generale Fondazione Welfare Ambrosiano -. Occorre creare sinergie tra welfare territoriale e aziendale e soprattutto fare rete, valorizzando le realtà del territorio”.