Cinema e lavoro nel 1949

Ancora le tragedie del dopoguerra con molti riferimenti all’immigrazione, sono quelli alla ribalta nelle storie che il cinema racconta nel 1949, un anno che vede apparire sugli schermi alcuni film importanti, anche al di fuori del tema del lavoro.
Intanto il cinema giapponese comincia ad affermarsi artisticamente con "Cane randagio" di Akira Kurosawa e "Tarda primavera" per la regia di Yasujiro Ozu. Il primo è la storia di una indagine poliziesca che diventa un viaggio “morale” in una città che sta trasformandosi mentre il secondo, che rappresenta il ritorno di un grande del cinema nipponico, si concentra sui rapporti familiari.
Negli Usa i film importanti da segnalare sono "Ero uno sposo di guerra" di Howard Hawks, "La furia umana" di Raoul Walsh, "Un giorno a New York" della coppia Gene Kelly e Stanley Donen, "La sanguinaria" diretta da Joseph H. Lewis e "Stasera ho vinto anch’io" di Robert Wise.
Nella godibile commedia di Hawks protagonisti sono i militari, mentre “La furia umana”, “La sanguinaria” e “Stasera ho vinto anch’io” affrontano a vario titolo il genere gangster, “Un giorno a New York” è invece uno splendido musical aventi i marinai come protagonisti.
Ma il cinema americano collabora anche alla realizzazione di due opere importanti: "Othello" di Orson Welles (coprodotto con Francia ed Italia e terminato solo tre anni dopo) ed "Il terzo uomo" dell’inglese Carol Reed, dove Welles è tra gli attori protagonisti. Quest’ultimo film è un classico del cinema post bellico, ambientato nella Vienna del dopoguerra tra contrabbandieri ed espatriati clandestinamente.
La Gran Bretagna contribuisce al buon livello del cinema del 1949 con "Whisky a volontà" di Alexander Mackendrick (si parla di razionamento) e con "Sangue blu" di Robert Hamer con uno straordinario Alec Giunness.
Ma per trovare un piccolo capolavoro su di un lavoratore (in questo caso un postino) bisogna andare in Francia dove Jacques Tati gira, in modo sperimentale ed a colori, Giorno di festa. Purtroppo gli spettatori dell’epoca lo vedranno solo in bianco e nero e bisognerà attendere il 1994 per gustarlo nella forma originale. Il film, seguendo le peripezie del postino-Tati nel paesino di Follainville, mostra i preparativi della festa annuale, ed affronta in modo sorridente anche il tema del cambiamento quando Tati, imitando un documentario che ha visto, tenta di consegnare la posta “all’americana”.
Lasciata la squadra dei migliori film, ve ne sono però altri sul lavoro di un certo interesse. In Italia, dopo la parentesi dei capolavori neorealistici, si girano soprattutto film che mostrano il lavoro agricolo o comunque ambientati nelle campagne. Il più noto è Riso amaro di Giuseppe De Santis, sul lavoro delle mondine, ma le lotte dei braccianti sono anche alla base de Il mulino del Po di Alberto Lattuada, tratto dal romanzo di Riccardo Bacchelli, mentre le paludi pontine fanno da scenario nella vicenda di Maria Goretti in "Cielo sulla palude" di Augusto Genina.
Anche Pietro Germi va a girare una specie di western nella Sicilia mafiosa – "In nome della Legge" – , mostrando la vita della popolazione locale. Altro tema del cinema italiano è l’emigrazione. Nel 1949 escono, per quanto non memorabili, "Come scopersi l’America" di Carlo Borghesio con un Macario disoccupato che emigra nell’america del Sud, ed "Emigrantes" di Aldo Fabrizi sull’emigrazione in Argentina.
Anche due dei maggiori successi dell’anno, "Catene" di Raffaello Matarazzo e "I pompieri di Viggiù" di Mario Mattali parlano a modo loro di lavoratori. I pompieri del titolo in realtà si occupano soprattutto di tempo libero e, come scrisse Flaiano, anticipano la tivù mentre uno dei protagonisti del film matarazziano è un lavoratore onesto alle prese con un ricatto.
Negli Usa, a parte un certo numero di film western con la presenza di coloni, si gira invece Cristo fra i muratori di Edward Dmytryk, un film su un italiano immigrato costretto a fare il lavoro nero. Il film fu girato in Inghilterra a causa degli attacchi che il regista subì da parte del “comitato delle attività antiamericane”. Tratto da un libro di Pietro Di Donato, pur nella sua enfasi coniuga marxismo e solidarismo cristiano e rappresenta uno dei risultati più convincenti tra i film americani sul lavoro dei nostri emigrati.
Tra i film Usa che hanno come protagonisti i lavoratori vanno ricordati due film sui camionisti: "I corsari della Strada" di Jules Dassin e "Doppio Gioco" di Robert Siodmak. Nel primo si racconta la ribellione contro il racket dei trasporti di un reduce di guerra mentre il secondo è un film “nero” sull’ambiente malavitoso.
Un quartiere operaio di New York con i relativi abitanti è anche il protagonista di "La finestra socchiusa", di Ted Tetzlaff, che vede protagonista un bambino alle prese con un omicidio.
Tra le altre pellicole si segnala persino la storia di una segretaria che redime i datori di lavoro in "Segretaria Tuttofare", regia di Lloyd Bacon. La storia di un fabbro che viene catapultato nel medio evo e che grazie alla tecnologia di sua conoscenza è considerato un potente mago rappresenta è stata raccontata in un breve romanzo di successo da Mark Twain ed ha avuto una serie di versioni cinematografiche. Nel 1949 è la volta di "Un americano alla corte di re Artù" diretto da Tay Garnett, forse il migliore della serie. Un film di King Vidor, liberamente ispirato alla vita di Frank Lloyd Wright, – "La fonte meravigliosa" -, racconta della parentesi operaia di un geniale architetto mentre Henry Hathaway racconta la vita sulle baleniere in "Naviganti coraggiosi". Due film infine si occupano della immigrazione clandestina alle frontiere del Messico: "Mercanti di uomini" di Antony Mann e "Trafficanti di uomini" di Frederick de Cordova.
Negli altri paesi va segnalato il film inglese di Michael Powell ed Emeric Pressburger "I ragazzi del retrobottega" per la descrizione del lavoro degli scienziati inglesi nel dopoguerra ed un film francese sul ritorno alla vita dopo la guerra diretto da più mani dal titolo, appunto, "Ritorna la vita".