Cinema e lavoro nel 1987

Milano,
19.1.2012

 

Il
1987 è cinematograficamente dominato da L’ultimo imperatore di
Bernardo Bertolucci. 
Vincerà 9 premi Oscar, 9 David di Donatello,
4 Nastri d’argento. Ma altri film si segnalano per
la loro qualità: da
Full
Metal Jacket
di Stanley
Kubrick
all’ultima opera di John Huston The Dead – Gente di Dublino. 
Mentre si fa sempre più notare la voce del polacco Krzysztof Kieslowski che sta
sfornando Il decalogo arrivano anche piacevoli sorprese dall’Iran con Dov’è
la casa del mio amico?
di
Abbas Kiarostami. L’operazione italiana più interessante, anche per la sua osticità, passa sotto silenzio: è il
film di montaggio e ricostruzione di materiale trovato nell’archivio del cineasta milanese Luca Comerio con materiali di inizio secolo.
Il titolo è Dal Polo all’Equatore e gli autori sono Yervant
Gianikian ed Angela Ricci Lucchi
.

Prosegue inoltre l’avventura cinematografica di Eric Rohmer che  termina la serie « commedie e proverbi » con alcune delle sue opere
migliori : Reinette e Mirabelle e L’amico
della mia amica
.

 

Ma veniamo al nostro tema: economia e lavoro. 

Come
al solito il cinema americano fa la parte del leone sui nostri schermi e resta in tema con due opere importanti: Matewan
di John Sayles e Wall Street di Oliver
Stone
.

 

"Cinema

 

 

 

 

 

Il primo è il racconto di uno sciopero
conclusosi drammaticamente messo in atto da minatori della Virginia negli anni ’20 i quali a seguito della costituzione del sindacato
si sono visti ridurre i salari.

 

 

 

 

 

 

 

 

"Cinema

 

 

 

 

Il secondo è un film sull’ambiente
della borsa e sulla avidità dei finanzieri. Il protagonista è
Gordon
Gekko (Michael Douglas, che verrà premiato con l’Oscar come miglior attore )
  che da allora rappresenta l’immagine stessa dell’avidità finanziaria tanto che il regista,
ad oltre 20 anni dal primo film, a seguito della crisi finanziaria del 2008, ne girerà il secondo capitolo.

 

 

 

 

 

 

Un
altro film di successo riguarda il sequestro di un bambino ad un industriale di mobili girato dalla coppia Joel
e Ethan Coen
. Si tratta di Arizona Junior, film parodistico sul successo americano
ma anche sul desiderio di maternità.

Una immagine della piccola borghesia americana degli anni
’30 è invece fornita da Woody Allen in Radio Days
quando la radio imperava nella famiglia ebraica del protagonista.

Il regista Stan
Lathan
riprende invece una storia di schiavi diventata famosa a seguito del successo del romanzo ottocentesco di Harriet Beecher
Stowe: La capanna dello zio Tom.  

A
conclusione della panoramica sul cinema americano non si può dimenticare la piacevole commedia Baby
Boom
diretta da Charles Shyer con una simpatica Diane Keaton nei panni di una donna
in carriera che dedica la vita al lavoro fino a quando è costretta ad occuparsi di una piccola bimba che le cambierà le prospettive
di vita.

 

Passiamo
in Cina ed al nuovo cinema di quel paese che vince l’Orso d’oro a Berlino con Sorgo rosso
di Zhang Yimou facendo scoprire anche una interessante attrice come Gong Li nei panni di
una giovane donna costretta a sposare un ricco e anziano distillatore gestendo, alla sua morte, con giustizia l’azienda insieme al
nuovo compagno. Si tratta di un film drammatico che racconta il mondo contadino nel violento inizio secolo, in particolare durante
l’invasione giapponese della Manciuria.

Dalla Cina al vicino Giappone per segnalare l’opera di
Shohei Imamura Il mezzano. Ancora una volta il regista giapponese si occupa della povera
gente raccontando la vita di Iheji Muraoka passato attraverso vari mestieri, compresa la tratta delle ragazze di campagna portate all’estero
come prostitute per i soldati.

 

A
Venezia il Premio speciale della giuria va ad un film africano: il senegalese Campo Thiaroye
di Ousmane Sembene e Thierno Faty Sow. Il film parla dello sfruttamento e l’uccisione dei
soldati africani da parte dell’esercito francese dopo essersi rifiutato di riconoscere il salario dovuto.

 

Ancora
guerra nella vicenda di due reduci impegnati nel restauro e nella ricerca archeologica nell’Inghilterra degli anni ’20. Il film, diretto
da Pat O’Connor, si intitola Un mese in campagna.

Altra
storia di una vita lavorativa iniziata come cameriera per finire tenutaria di un bordello è quella raccontata da Terry
Jones
in Personal services. E’ anche l’occasione per esplorare i bassifondi londinesi.
Infine il cinema britannico ci consegna Shakespeare a colazione di Bruce
Robinson
, film sulle difficoltà di trovare lavoro e continuare a campare da parte di due giovani attori.

 

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Ma
due positive sorprese arrivano dai paesi del Nord. La principale dalla Finlandia grazie alla mano registica di Aki
Kaurismäki
con Amleto si mette in affari. Una vicenda grottesca di forte critica nei
confronti del capitalismo che immagina una serie di morti violente legate al controllo di una azienda industriale. Il secondo film
viene dalla Svezia e parla di immigrazione. Si tratta di Pelle alla conquista del mondo
di Bille August che verrà premiato con la Palma d’oro a Cannes,

 

Altra
vicenda di sfruttamento africano e traffico di schiavi nel film di Werner Herzog Cobra Verde
ma niente di particolarmente interessante sul tema da Germania e Francia.

 

Anche
l’Italia non brilla nel cinema sul lavoro in questo 1987. Le pellicole principali parlano di lavoro legato al cinema come nel caso
di Good Morning Babilonia dei Fratelli Taviani
(ma in questo caso vi è anche la vicenda dell’emigrazione italiana di inizio novecento) e di Intervista
di Federico Fellini.

Spetta ancora una volta ad Ermanno
Olmi
darci una parabola sul potere e sulle ambizioni con Lunga vita alla signora! mentre
uno sguardo sulla società corrotta condizionata dal rampantismo lo getta Carlo Mazzacurati
con Notte Italiana.

Meno riusciti infine un film sui
postsessantottini come Chi c’è c’è di Piero Natoli
o la vicenda di un operaio veneto che va a lavorare in una base artica pur di poter avere un maggior guadagno raccontata da Gian
Luigi Polidoro
in Sottozero.