Credito, First: un nuovo patto sociale per dare slancio alla ripresa

Milano, 31.3.2016
 
Occorre stringere un nuovo patto sociale nel sistema del credito, per dare nuovo slancio al futuro del Paese. “Per la prima volta quest’anno iniziamo a vedere qualche segnale di lieve ripresa. Ma il sistema del credito per contribuire a far ripartire Paese può fare molto di più e non solo i banchieri, anche i lavoratori e il governo, che dovrebbe rivisitare il sistema fiscale e privilegiare, attraverso una legislazione di sostegno, la partecipazione”, ha spiegato il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, intervenendo al dibattito organizzato dalla Fist Cisl lombarda che ha riunito a Milano importanti esponenti del mondo bancario, economico, politico e sindacale.  Per dare nuovo ossigeno al sistema occorre affrontare i nodi spinosi, a partire da una riforma dei meccanismi di vigilanza e controllo, esterni e interni alla banca. “È evidente che non funzionano – ha detto Furlan – e la partecipazione, la presenza dei rappresentanti dei lavoratori nel sistema di vigilanza può fare molto”. Punto di partenza del dibattito sul futuro del mondo bancario sono stati i risultati di una ricerca della Fist Cisl nazionale, secondo cui su oltre 270 miliardi di euro di sofferenze, la parte da leone, vale a dire il 62%, la fanno i grandi crediti, che rappresentano il 75% dell’erogato. I piccoli creditori, invece, incidono sulle sofferenze in misura molto minore, sebbene paghino tassi di interessi più alti. “Ciò significa che le banche hanno erogato di più al credito più rischioso e hanno fatto pagare di più le piccole imprese. E questa è solo una delle storture di un sistema che deve cambiare, se vuole recuperare fiducia da parte della clientela e giocare un ruolo di primo piano per lo sviluppo del Paese”, ha detto Giulio Romani, segretario generale First Cisl. “Mentre gestiamo l’emergenza, l’uscita dalla crisi, cerchiamo di cambiare strategia, perché si valorizzi il territorio, si dia pieno sostegno alle piccole e micro-imprese – ha aggiunto -. Il rinnovo del contratto poteva essere l’occasione per ridefinire il modello di banca, possiamo riprovarci”. Più che di “modello”, secondo Eliano Omar Lodesani, coo di Intesa San Paolo, occorrerebbe parlare di “modelli di banca”, data la molteplicità degli attori in gioco. Un’idea molto “intrigante” quella di un nuovo modello di banca, secondo Pietro Giarda, presidente del comitato di sorveglianza di Bpm, ma anche “molto complicata da realizzare”. Secondo Giarda un impulso al processo di cambiamento potrebbe arrivare proprio dall’aggregazione delle Bcc verso cui ha spinto il governo. “Come per il settore industriale anche per le banche l’uscita dalla crisi dovrà accompagnarsi ad un processo di riorganizzazione – ha detto Pierpaolo Baretta, sottosegretario al Mef -. Si dovrà necessariamente coinvolgere il personale, sia per la sua riqualificazione che la riorganizzazione”. 
Sulle aggregazioni si è soffermato anche il presidente di Regione Lombardia, Roberto Maroni, sottolineando che “la storia della Lombardia è una storia di banche molto legate al territorio: se una grande banca mantiene questo atteggiamento, benissimo, se no bisognerà fare i conti con la specificità della Lombardia e delle sue imprese”. Un’attenzione alle imprese e alle famiglie che le banche di credito cooperativo non hanno mai fatto mancare, nonostante la crisi. “ In questi anni le cooperative hanno agito diversamente dalle Spa – ha affermato Mauro Ottolini, vicepresidente Confcooperative -.  Hanno ridotto gli utili, ma hanno incrementato l’occupazione”. 
Il legame col territorio è stato purtroppo ambivalente per una grande banca come Mps. “In passato la bandiera del territorio è stata usata per coprire relazioni incestuose – ha ammesso l’amministratore delegato, Fabrizio Viola -.  Oggi siamo virtuosi. Il legame con le imprese, coi clienti, l’iniezione di capitale ma anche il grande attaccamento dei dipendenti sono stati la nostra salvezza”.