Euronote febbraio 2024 | Le catene in Europa

Le immagini del caso Salis interrogano l’Ue su sistemi e regole di detenzione

«Uno scandalo europeo» è stato definito da alcuni europarlamentari il caso di Ilaria Salis, la donna italiana detenuta in Ungheria dal febbraio 2023 in regime di massima sicurezza con l’accusa di aver preso parte ad aggressioni contro simpatizzanti neonazisti a Budapest e che, se condannata, rischia da 11 a 24 anni di carcere. L’incredibile sproporzione della pena richiesta, le denunce sulle indegne condizioni detentive e le immagini di una sua recente apparizione a un’udienza in tribunale con manette, ceppi ai piedi e catene, hanno destato sconcerto giungendo fino alla plenaria del Parlamento europeo, il 5 febbraio. Con l’esibizione di cartelli che recitavano “Le catene non sono degne dell’Europa”, alcuni europarlamentari italiani hanno organizzato un flash mob esterno all’aula dell’Europarlamento, dove poi il gruppo dei socialdemocratici europei (S&D) ha chiesto un dibattito sul tema durante la plenaria.

«L’arretramento dello Stato di diritto ungherese è sotto gli occhi di tutti. E a tutti è sbattuto in faccia con quelle immagini di Ilaria Salis ammanettata mani e piedi tra due poliziotti incappucciati e in tuta mimetica. È la più esplicita rappresentazione di sé che potesse fare la giustizia penale ai tempi di Viktor Orbàn. È una iconografia poliziesca da regime. Una fotografia che le autorità ungheresi, per nulla preoccupate della presenza di osservatori esterni, hanno voluto ostentare al mondo per raccontare ciò che a loro dire dovrebbe incutere la giustizia penale: terrore, sfiducia, umiliazione, vergogna» ha scritto Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale Antigone. Già nove anni fa la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato l’Ungheria per violazioni del divieto di trattamenti inumani e degradanti con le sue condizioni carcerarie, eppure i detenuti nelle carceri ungheresi continuano ad affrontare condizioni detentive al di sotto degli standard europei. «Questa continua violazione dei diritti umani persiste soprattutto a causa del sovraffollamento sistematico – osserva Antigone –. Inoltre, le autorità carcerarie ungheresi fanno uso sistematico di contenzioni fisiche quando presentano in tribunale gli imputati detenuti, una pratica che viola sia il diritto dell’Ue che gli standard giuridici nazionali».

Carceri ungheresi degradanti

Circa un anno fa, nel marzo 2023, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura, organismo del Consiglio d’Europa, ha svolto una visita ispettiva nelle prigioni ungheresi di cui non è ancora stato pubblicato il rapporto. In quell’occasione, però, l’organizzazione indipendente di controllo dei diritti umani Hungarian Helsinky Comittee aveva presentato un documento esplicito sulle preoccupazioni relative all’uso sproporzionato di contenzioni fisiche durante i processi penali e sulle condizioni di detenzione al di sotto degli standard.

Nel 2022, sostiene l’Hhc, l’Ungheria ha raggiunto la popolazione carceraria più alta degli ultimi 33 anni. Nel periodo gennaio-giugno 2023, il tasso di occupazione delle carceri ha raggiunto una media complessiva del 106%. Il sistema di giustizia penale ungherese continua a basarsi pesantemente sulle pene detentive, nonostante i ripetuti appelli di organi europei come il Comitato per la prevenzione della tortura e il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che hanno esortato le autorità ungheresi a modificare la loro politica criminale per ridurre il ricorso alla detenzione. L’organizzazione per i diritti umani ungherese denuncia inoltre che l’uso abituale di mezzi di contenzione fisica, come catene per i polsi e per le gambe e catene per presentare in tribunale gli imputati detenuti, non solo viola i principi giuridici nazionali, ma anche gli standard stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Poi altre denunce sulle condizioni di detenzione nelle carceri ungheresi: temperature estreme sia d’estate che d’inverno, infestazioni di cimici e topi, alimentazione scarsa, igiene insufficiente, attività di reinserimento quasi inesistenti, persone con disabilità private di cure e condizioni adeguate.

Problemi diffusi della detenzione in Europa

Tutti gli Stati membri presentano problemi legati alle condizioni di detenzione, anche se è difficile fornire una panoramica completa sulla detenzione dati i differenti criteri di classificazione. Il Rapporto annuale Space del Consiglio d’Europa rileva come i Paesi dell’Est Europa presentino tassi di popolazione carceraria (in rapporto alla popolazione complessiva) «considerevolmente» più elevati rispetto a quelli dell’Europa occidentale e settentrionale, con Repubblica Ceca e Ungheria che si segnalano per tassi superiori a quelli della loro area. È il sovraffollamento a destare particolare preoccupazione, a causa del potenziale peggioramento delle condizioni di detenzione, della maggiore tensione o violenza tra i detenuti e delle conseguenti limitate capacità del personale penitenziario di gestire la situazione e fornire adeguati programmi di reinserimento. Delle 47 amministrazioni penitenziarie analizzate dal Rapporto del 2022, l’ultimo disponibile, 9 hanno riportato una densità carceraria superiore a 100 detenuti ogni 100 posti: grave sovraffollamento in Romania (124 per 100 posti), Cipro (118), Francia (115), Belgio (115), Turchia (113), Grecia (108) e Italia (107), leggero sovraffollamento in Croazia (103) e Slovenia (102), seguite da Austria, Svezia e Ungheria a pieno regime (intorno a 100). Dati che, sottolinea il Rapporto, vanno interpretati «con cautela», perché i Paesi «utilizzano regole di conteggio diverse per stimare i posti disponibili».

Un Rapporto del Parlamento Europeo sulla detenzione in Europa rileva poi l’esistenza diffusa di altri problemi oltre al sovraffollamento, quali la mancanza di igiene e di condizioni sanitarie adeguate, le ridotte opportunità di permanenza fuori cella, l’accesso inadeguato all’assistenza sanitaria e la mancanza di protezione dalla violenza tra detenuti. Problemi che possono portare a trattamenti inumani e degradanti, così come la violenza in detenzione, spesso sotto-segnalata, più frequente nei penitenziari dell’Est europeo dove si rileva una minore preoccupazione per la protezione dei detenuti. Paesi dell’Europa orientale che spendono anche meno risorse, con un massimo di 50 euro al giorno per detenuto nella maggior parte di questi Paesi rispetto agli oltre 100 euro per i Paesi dell’Europa occidentale, fino ad arrivare ai 200 euro o più nei Paesi nordeuropei (addirittura 380 euro in Svezia).