Euronote – Immigrazione: un piano d’azione per l’integrazione

Milano, 13.6.2016
 
 
 
 
 
 
 
 
Immigrazione: un piano d’azione per l’integrazione
L’Ue intende valorizzare il contributo economico e sociale degli immigrati
 
La Commissione europea ha presentato il 7 giugno scorso una proposta contenente un piano d’azione per favorire l’integrazione dei cittadini immigrati da Paesi terzi e contribuire alla valorizzazione del contributo economico e sociale che apportano all’Ue. Insieme ha avanzato anche una proposta legislativa per la riforma delle norme che regolano l’ingresso nell’Ue di lavoratori altamente qualificati, il sistema della cosiddetta “Carta blu”. «Un’integrazione rapida ed efficace dei cittadini di Paesi terzi è fondamentale se vogliamo che la migrazione sia un fattore positivo per l’economia ed un elemento di coesione nella nostra società. Al tempo stesso, dobbiamo dotare i nostri sistemi degli strumenti adeguati per far fronte al mercato del lavoro del futuro e alle future carenze di lavoratori qualificati» ha dichiarato il commissario per la Migrazione, gli Affari interni e la Cittadinanza, Dimitris Avramopoulos.
 
Sostegno alle politiche d’integrazione degli Stati membri
 
Il nuovo piano d’azione sull’integrazione, che fa parte delle azioni annunciate nell’Agenda europea sulla migrazione, definisce l’articolazione concreta a livello politico, operativo e finanziario del sostegno che l’Ue intende offrire agli Stati membri. Sottolineando che «un’integrazione efficace e rapida può contribuire a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, ad affrontare le sfide demografiche e a migliorare la sostenibilità di bilancio», la Commissione ritiene «assai probabile» che i costi della mancata integrazione supererebbero i costi degli investimenti nelle politiche d’integrazione.
 
Il problema si pone per il fatto che, ad oggi, i cittadini immigrati e rifugiati che risiedono legalmente nell’Ue continuano a dover fronteggiare un elevato rischio di povertà o di esclusione sociale, mentre gli Stati membri sono spesso carenti nelle politiche di integrazione. La Commissione intende dunque offrire un sostegno strutturale e finanziario in alcune aree che considera cruciali: le misure d’integrazione che precedono la partenza e l’arrivo, in particolare per le persone reinsediate con bisogno di protezione internazionale; l’istruzione, l’occupazione e la formazione professionale; l’accesso ai servizi di base; la partecipazione attiva e l’inclusione sociale. Un’ulteriore proposta prevede poi un approccio più strategico e coordinato all’uso dei fondi europei a sostegno di misure d’integrazione nazionali.
 
Ribadendo che gli interventi a sostegno dell’integrazione dei cittadini di Paesi terzi «non vanno a scapito delle misure a beneficio di altri gruppi vulnerabili o svantaggiati o delle minoranze», la Commissione annuncia inoltre che sosterrà l’integrazione nel mercato del lavoro anche con vari strumenti volti a «migliorare le competenze dei migranti e a riconoscere e mettere a profitto le qualifiche di cui sono già in possesso», nel quadro dell’agenda per le nuove competenze per l’Europa.
 
Riforma della “Carta blu” per i lavoratori qualificati
 
L’Ue deve far fronte a una carenza significativa di competenze necessarie in alcuni settori, cosa che rappresenta già oggi un limite per la crescita, la produttività e l’innovazione e che si prevede possa creare ulteriori problemi in futuro, per le carenze di lavoratori qualificati a cui la forza lavoro dell’Ue non sarà in grado di supplire. A tale scopo fu adottato nel 2009 il sistema della “Carta blu” europea, dimostratosi però finora inadeguato e poco attraente soprattutto causa le condizioni di ammissione restrittive e l’esistenza di norme, condizioni e procedure parallele a livello nazionale. Così, solo il 31% dei migranti con un livello di istruzione elevato che giunge in un Paese dell’Ocse sceglie l’Ue come destinazione, il che significa che i lavoratori qualificati preferiscono in larga maggioranza altre destinazioni.
 
La proposta di revisione introduce quindi un unico sistema a livello di Unione, che sostituisce i regimi nazionali paralleli per il lavoro altamente qualificato al fine di aumentare la chiarezza per i richiedenti e i datori di lavoro. Favorisce la mobilità all’interno dell’Ue, semplificando le procedure e permettendo viaggi di lavoro più brevi (fino a 90 giorni) negli Stati membri in cui è in uso la Carta blu. Permette agli Stati membri di adeguare la soglia salariale della Carta blu ai mercati del lavoro nazionali e prevede condizioni più adatte per i neo-laureati di Paesi terzi e i lavoratori di settori con scarsità di manodopera. Inoltre, potranno chiedere il rilascio della Carta blu anche i beneficiari di protezione internazionale altamente qualificati.
 
La proposta intende poi rafforzare i diritti dei titolari della Carta blu (via d’accesso più rapida allo status di soggiornante di lungo periodo e accesso immediato e più flessibile al mercato del lavoro) e dei loro familiari (possibilità di trasferirsi nell’Ue insieme al titolare), cosa che secondo la Commissione «dovrebbe contribuire a rendere l’Ue una meta più attraente per i lavoratori dipendenti altamente qualificati di cui l’economia europea ha bisogno». Con un impatto economico positivo stimato dalla Commissione europea tra 1,4 e 6,2 miliardi di euro.
 
INTEGRAZIONE DIFFICILE NEL MERCATO DEL LAVORO
 
Ancora difficile l’integrazione nel mercato del lavoro per i cittadini immigrati nell’Ue da Paesi terzi, che fanno registrare tassi di disoccupazione notevolmente più elevati e tassi di occupazione più bassi rispetto ai cittadini europei. È quanto emerge da uno studio pubblicato da Eurostat il 6 giugno scorso, secondo cui nel 2015 la percentuale di persone economicamente attive (occupati e disoccupati) tra i cittadini extracomunitari di età compresa tra i 20 e i 64 anni era mediamente nell’Ue inferiore al 70%, rispetto a oltre il 77% rilevato tra i cittadini europei. Una situazione osservata nella maggior parte degli Stati membri.
In particolare, il tasso di occupazione per i cittadini extracomunitari nell’Ue è stato nel 2015 del 56,7% rispetto al 70,6% per i cittadini comunitari. La quota di dipendenti con un contratto a tempo determinato è stata del 21,4% per gli extracomunitari e del 12,9% per i comunitari, mentre l’impiego part time è stato rispettivamente del 28,3% e del 18,4%.
Il tasso di disoccupazione, poi, è stato più del doppio tra gli extracomunitari (18,9%) rispetto a quello registrato tra i comunitari (8,7%).