Milano, 3.7.2017
Cristi Puiu è uno dei nuovi registi rumeni che si è fatto apprezzare un paio di anni fa con la sua partecipazione al film collettivo I ponti di Sarajevo sull’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando alle origini della prima guerra mondiale. Ora rivolge lo sguardo al suo paese penetrando nei meandri di una famiglia riunita per commemorare, dopo quaranta giorni dalla morte, il padre attraverso un pranzo ed un rito religioso. Lo fa attraverso un lungo film (quasi 3 ore) dallo strano titolo che echeggia un western: Siera Nevada. In realtà la messa in scena diventa una specie di balletto con i vari personaggi sempre in movimento all’interno di quel mondo familiare ed il film si concentra sulle relazioni tra i vari personaggi dove, al di là del rito, prevale la memoria, la tradizione, la religione e la storia. Una storia che non può fare a meno di riferirsi ad un paese che per decenni aveva un padre putativo come Ceausescu. Nel film emergono quindi le menzogne, le diffidenze che sono il portato di quella stagione e che non sono ancora scomparse nonostante l’evoluzione consumistica del paese. Uno spaccato della società mostrato attraverso una tecnica che fa dei movimenti di macchina la dimensione poetica per rappresentare un mondo dove è difficile orientarsi ed il futuro è sfuggente.