Sindacati in cerca di primavera, per le nuove sfide del lavoro che cambia

Milano, 1.4.2014
 
Rinnovarsi, cambiare pelle senza però snaturare la propria essenza e la propria ragion d’essere. Rafforzare le proprie proposte per difendere quelle aree del mercato del lavoro più deboli e meno rappresentate. E rilanciare il proprio ruolo di soggetto sociale, che parla per i propri iscritta ma ha un progetto più ampio. Sono solo alcune delle sollecitazioni emerse dall’incontro “Sindacati in cerca di primavera”, organizzato da Cisl Lombardia e Fnp regionale. “Non preoccupiamoci se Renzi non ci convoca, non allarmiamoci per gli attacchi di ministri o governatori al sindacato – ha detto Gigi Petteni, segretario generale Cisl Lombardia -. Non consideriamoli attacchi, consideriamoli delle esortazioni a migliorarci, ad essere sempre più propositivi e attivi. La nostra forza sono i lavoratori, il nostro terreno di gioco sono luoghi di lavoro. Lì dobbiamo essere forti”. A dare il via allo scambio di idee e di opinioni sul futuro delle organizzazioni sindacali la provocazione di Sandro Antoniazzi, già dirigente Cisl e autore del libro “Lo spirito del sindacalismo”, secondo il quale “ci vuole un Renzi anche nel sindacato”. “I sindacati devono rinnovarsi – ha spiegato – , devono affrontare i problemi in una prospettiva nuova, elaborare proposte forti e poi far vedere che hanno dietro di loro migliaia di lavoratori che li sostengono”. “E’ finito il periodo in cui il compito del sindacato era la redistribuzione della ricchezza – ha detto Antoniazzi -. Oggi ricchezza non ce n’è più e dobbiamo preoccuparci di come distribuire le occasioni di lavoro e rafforzare le proposte per i lavoratori precari, a partita Iva, che non si sentono rappresentati”. Di tutt’altra opinione Guido Baglioni, professore emerito di Sociologia, che come una voce fuori del coro è intervenuto avvertendo che la società è “così complessa che non è totalmente rappresentabile dal sindacato”. “Accusare di debolezza il sindacato perché non rappresenta alcune aree è sbagliato – ha affermato – perché la rappresentanza generale può essere esercitata solo dalla sfera politica”. Che fare, però, quando nemmeno la politica rappresenta al meglio i bisogni e le istanze dei suoi cittadini? “Negli anni ’90 abbiamo cercato di supplire le carenze della politica con la concertazione – ha ricordato Petteni -.  Oggi dobbiamo supplire là dove c’è una carenza di rappresentanza ed essere più incisivi”. “Se ci attaccano col job acts dobbiamo fare di tutto perché sempre più giovani entrino nel mercato del lavoro – ha aggiunto -. E se è vero che il decreto sui contratti a termine va cambiato, dobbiamo però anche riflettere sul fatto che, in un anno, sindacati e imprese non sono stati capaci di arrivare a un accordo per il lavoro su Expo”. 
In una fase economica e sociale tanto difficile e complessa, con un tasso di disoccupazione al 13% e decine di migliaia di lavoratori in cassa integrazione o licenziati, i sindacati non possono più permettersi di cadere ostaggi di tatticismi e vecchi schemi se vogliono giocare un ruolo da protagonisti. “Le parti sociali nel loro complesso sono state troppo conservatrici – ha detto Mimmo Carrieri, docente di Sociologia economica  – . L’accordo sulla rappresentanza, il documento sullo sviluppo, sono stati tentativi tardivi di rinnovarsi. E il sindacato è destinato a diventare periferico se non riesce a intercettare i bisogni e le richieste di tutela di chi non si sente rappresentato”. “Il sindacato non è affatto in declino – ha aggiunto – ma c’è in corso uno smottamento. Le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori a livello internazionale perdono iscritti, in Italia no. Ciò non significa che Cgil, Cisl e Uil possano rimanere prigione dei loro risultati: non si chiede loro di fare la rivoluzione, ma di trovare altre modalità per gestire questa nuova fase”. Secondo il giuslavorista e già ministro del Lavoro, Tiziano Treu,  il sindacato deve sì rinnovarsi “ma gli attacchi di Renzi e di Visco colpiscono anche le associazioni imprenditoriali – ha sottolineato – e pongono un problema più ampio, quello del modello sociale”. “In generale bisogna sì ripartire dal basso – ha aggiunto – ma  tenendo conto del fatto che il contesto di riferimento è diventato sovranazionale e quindi dobbiamo pensare a  un sindacato che sia in grado di agire con più efficacia a livello europeo”.