Milano, 24.9.2015
Liberare il lavoro da vincoli di tempi e luoghi prefissati, sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie. Per migliorare la qualità di vita dei lavoratori e l’efficienza delle imprese. E’ l’obiettivo dello “smart work”, in italiano “lavoro agile”, una prestazione subordinata che si svolge con forme flessibili di orario fuori dall’azienda. Una formula che se introdotta su larga scala può innovare radicalmente l’organizzazione del lavoro, poiché afferma il principio della valutazione della produttività sulla base dei risultati, non del tempo trascorso in azienda. Una strada assolutamente praticabile, come dimostrano i casi di Barilla e Vodafone, aziende che già da un paio di anni lo applicano con successo, questa mattina al centro dell’incontro “Smart work, lavoro agile: si può”, organizzato dal coordinamento Donne della Cisl Lombardia.
“Favorire l’utilizzo del lavoro agile significa anche favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura. Gli impegni per l’attività di cura nell’ambito familiare, infatti, sono sempre più pressanti e non necessariamente riguardano solo le donne con bambini piccoli – sottolinea Fiorella Morelli, responsabile del coordinamento Donne Cisl Lombardia -. Lo smart work può rappresentare un’opportunità interessante e strategica anche per le aziende. E’ risaputo, infatti, che la promozione del benessere organizzativo influisce positivamente sui risultati aziendali, aumenta la produttività e la competitività”. La conferma, concreta, arriva dalle esperienze di aziende che già l’hanno introdotto. “In Barilla dopo una prima diffidenza iniziale sta andando molto bene, tanto che circa il 70% dei lavoratori che possono ne stanno usufruendo – spiega Gianni Alviti, segretario generale Fai Cisl Parma-Piacenza -. Sono circa 600 persone, tutti impiegati, uomini e donne, che non hanno ruoli legati alla produzione e per 32 ore al mese, pari a quattro mezze giornate, lavorano da casa o da dove preferiscono, fuori dall’azienda”. Per chi ha bambini piccoli fino a un anno, o situazioni di invalidità o particolari esigenze di cura, le ore mensili possono diventare 64. “Non è telelavoro – sottolinea Alviti – perché il telelavoro prevede l’adozione di una postazione fisica precisa, che rispetti i requisiti normativi e di legge. Smart work si può fare in qualsasi luogo che consenta un accesso a Internet e rispetti i requisiti di privacy dei dati che la persona sta utilizzando”. Positivo anche il caso Vodafone, dove il lavoro agile coinvolge 2700 dipendenti su 7000 è. “Dopo una prima diffidenza iniziale, ora i dipendenti sono molto contenti – dice Antonio Papa, delegato Fistel Cisl Milano – e hanno accolto con favore che da 7 settembre sia partita la fase 2, con l’estensioe da 2 a 4 delle giornate “smart””.
Secondo l’Osservatorio smart-working del Politecnico di Milano, l’adozione di pratiche di smart-working in Italia potrebbe significare 27 miliardi in più di produttività e 10 miliardi in meno di costi fissi. Non è un caso, insomma, se anche il governo è intenzionato a colmare il divario con l’estero, dove lo smart work è già molto diffuso, e a favorirlo con una normativa ad hoc. “Le aziende più avanzate hanno capito che si ha più produttività in modalità dove i lavoratori non sono per otto ore inchiodati a una postazione fissa e questa evoluzione culturale deve essere sostenuta – afferma Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro all’università Bocconi di Milano e consulente giuridico di Palazzo Chigi -. Stiamo lavorando con l’Inail a una bozza di disegno di legge che affronti in particolare il problema della sicurezza e dell’assicurazione”. “Dovrà essere un testo agile – aggiunge – , che lasci poi spazio alla contrattazione di definire i dettagli concreti sulla base di ogni contesto”. Del Conte non esclude che siano previsti incentivi, come per la contrattazione aziendale. Una sfida che la Cisl è già pronta a raccogliere. “Mentre eravamo impegnati a contrastare la crisi il mondo del lavoro ha continuato a trasformarsi – sottolinea Roberto Benaglia, segreario regionale Cisl Lombardia responsabile area Mercato del lavoro -. Per stare al passo occorre un sindacato della competenza, non delle chiacchiere. Un sindacato che chiede normative leggere e di vero supporto, che oltre a prevedere incentivi chiariscano le condizioni e generino le soluzioni affinché le imprese anche non illuminate si indirizzino verso un’organizzazione del lavoro sempre più orientata al benessere reciproco”.